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Salvati dal macello, così i cavalli ribelli diventano sereni

Ginevra Terracina
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Capitan, Nala, Veruska e Bismilla. Quattro storie a lieto fine dei cavalli del maneggio il Bosco di Alice recuperati, salvati dal macello e adesso amati. Capitan ha un storia di addestramento poco etico. Lui, nato in Spagna, sette anni fa, la sua bellezza e il raro colore del suo manto lo hanno reso un animale ambito e costoso ma il suo animo, ribelle e forte, non ha ceduto alla cattività e alla crudeltà. «Quando ho incontrato per la prima volta questo splendido guerriero – ci racconta Alice Casarotti con soddisfazione per il lavoro svolto - i suoi occhi mi hanno impressionata, tanto mortificato quanto arrabbiato, la sua estrema sensibilità si è palesata all'istante ed è stato chiaro per me che sarebbe diventato un grande maestro e che, in un modo o nell'altro, avrei potuto aiutarlo a riconquistare la libertà a cui tanto ambiva e che da troppo tempo aveva perduta». Tutte le richieste di Capitan erano violente e ricolme di aggressività, la stessa aggressività che l’essere umano gli aveva riservato per anni e che il cavallo finalmente aveva deciso di ripagare. Già, perché i cavalli funzionano un po’ come i bambini: con quanto più amore ci si rivolge a loro, con tanta più dolcezza rispondono. Capitan, fino al suo arrivo al maneggio di Formello conosceva solo le maniere forti. «Un tempo si credeva che un animale tanto grande andasse inibito, annichilito affinché fosse cavalcabile e sicuro ma non è questa la realtà - racconta Alice - i cavalli hanno il potere di leggerci dentro ed è il tumulto del nostro cuore a renderli irrequieti e fuggiaschi. Se lavoriamo su noi stessi, se coltiviamo gentilezza e compassione, l'animale inizierà a vederci per chi realmente siamo e potrà fidarsi e scegliere (da animale sociale e socievole qual è) di condividere la sua vita con noi». Ad oggi, Capitan non può definirsi riabilitato completamente, ma giorno dopo giorno, riacquista fiducia negli uomini e con essa la reale speranza di poter vivere un'esistenza degna della sua infinita bellezza.

 

 

Assieme a Capitan c’è Nala, una cavallina che era destinata alla macellazione ed invece è stata salvata, ed oggi sta iniziando a fare le pre-lezioni con i bambini. «Quello che ci differenzia da altri metodi – spiega Alice – e far sì che il cavallo possa rimanere se stesso e esprimere se stesso in sicurezza, senza essere sottomesso. E questo noi lo facciamo con tutti i cavalli». Veruska, puledrina, anche lei acquisita attorno ai sei mesi, ancora è piccola per le lezioni ma assieme a Veronica, una bambina sta facendo un percorso di crescita. Poi c’è Bismilla, ha due anni, con una patologia, ma nel Bosco di Alice può contare sull'affetto di tutti. Lei, con i suoi tempi fa quello che fanno gli altri cavalli, pur tenendo conto della sua particolarità.

 

 

Nel bosco di Alice, il clima è sereno e sembra un'isola felice, dove al primo posto c’è il benessere dell'animale che poi si trasforma, per ovvie ragioni con il benessere anche di chi lo cavalca. Il Bosco di Alice, sulla via Formellese nord (attiva su tutti i canali social) è un'associazione che ha come obiettivo la divulgazione di un metodo che permetta il raggiungimento di una relazione reale e paritaria con il cavallo. L'animale impara a fidarsi del suo cavaliere, diventando più sereno e sicuro attraverso il rinforzo positivo come motivazione cognitiva e non ricatto. Un cavallo supportato da questo tipo di approccio rimarrà un compagno fedele e sarà responsabilmente libero di esprimersi, vivendo un’esistenza piena e felice.

 

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