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Il giallo dell'ex pm Capaldo: tra principi, cardinali e omicidi ispirati a veri casi giudiziari

Valeria Di Corrado
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Roma magnifica, sordida e corrotta, intrisa di inquietante bellezza. Politici, finanzieri, imprenditori, prelati, massoni, magistrati, agenti segreti, donne fatali e perverse. Tutto si tiene nel romanzo "I delitti di via Margutta", edito da Chiarelettere e scritto da Giancarlo Capaldo, magistrato in pensione; in passato responsabile della Direzione distrettuale antimafia di Roma e del pool antiterrorismo, autore di importanti indagini sull’eversione nera, i desaparecidos dell'America Latina, il sequestro di Emanuela Orlandi, la banda della Magliana, gli scandali della P3 e quelli di Finmeccanica e Telecom-Fastweb.

Un giallo intricato, costellato da colpi di scena, che ha scritto nei mesi del lockdown e che vede come protagonista una coppia di principi intraprendenti e impulsivi: Gian Maria Ildebrando Del Monte di Tarquinia, infaticabile giocatore di golf, amante del pericolo e delle belle macchine, e la bellissima Gloria Palazzoli, insofferente ai dettami dell’alta società. Con loro il fedelissimo Oliver, maggiordomo inglese, già alle dipendenze di Buckingham Palace, che si distingue per il suo "aplomb": il proverbiale distacco dei britannici. Il trio si trova coinvolto in una serie di delitti efferati, che né la polizia né la magistratura riescono a dipanare: il primo è quello di una contessa amica del principe. Tra cene sontuose, soggiorni a Montecarlo, coppe di champagne e incontri imprevisti, cercano di capire chi è l’autore degli omicidi. Il centro della storia è via Margutta, la "strada degli artisti", così chiamata per le sue numerose gallerie d'arte. L'ambientazione temporale è imprecisata, anche se collocabile negli ultimi 10-15 anni. É un'opera di fantasia, che però vuole disegnare meccanismi reali della giustizia e del potere.

Dalle inchieste giudiziarie su terrorismo e mafia, al romanzo giallo. Dalla ricerca della verità dei fatti, alla creazione di una finzione letteraria. Come mai ha deciso di intraprendere questa nuova esperienza professionale così distante per metodologia, ma affine per argomenti trattati, rispetto a quella precedente di pubblico ministero?

Svolgere per 45 anni, da quando avevo 25 anni a quando ne ho compiuto 70, la professione di magistrato mi ha consentito di conoscere un’infinità di uomini e donne, le loro vicende e i loro problemi, che oggi posso più facilmente rapportare sia alla mia storia personale che alla Storia con la S maiuscola. Ho preferito, con il romanzo, un approccio non tecnico per poter rendere in modo più semplice, senza lunghe ed articolate dissertazioni filosofiche, concetti complessi come quelli di verità, potere, giustizia che da sempre hanno impegnato pensatori, filosofi e letterati.

I delitti narrati nel suo romanzo sono tratti dalla realtà? Ha preso spunto da indagini di cui si è occupato?

Il mio romanzo è un’opera di fantasia che ricorre però, più volte, alla mia esperienza e alla mia memoria di magistrato. Molte vicende e molti personaggi hanno tratto ispirazione diretta dalla realtà. Il principe è stato costruito su due persone reali, una delle quali molto nota. In pochi riuscirebbero a capire chi è, anche se la copertina dà qualche indizio.

Come mai ha scelto come protagonisti un principe, una principessa e il loro maggiordomo?

Ho scelto i protagonisti, prelevandoli da un contesto sociale privilegiato, perché sono stufo della attuale consueta rappresentazione del male nella letteratura e, soprattutto, nelle opere cinematografiche e televisive. Il male viene oggi troppo spesso gridato e amplificato parossisticamente, anche attraverso l’uso di personaggi volgari, primitivi, animaleschi e feroci, non so se per riuscire a rendere meglio la sua ineluttabilità, per soddisfare il desiderio di violenza della nostra società o, in fondo, per farci sentire, come spettatori, diversi, più buoni; in altri termini, per tranquillizzarci sulla nostra vera natura.

Sono personaggi "attuali"? Come è cambiata l'alta società romana? Siamo davvero arrivati a quella volgarità del potere descritta da Sorrentino nella "Grande bellezza"?

I principi sono consapevoli di appartenere ad un mondo privilegiato, ma si mescolano con il mondo reale perché è lì che vogliono vivere. Il loro non è un mondo dorato; è anch’esso governato dalle stesse dinamiche del mondo dei "comuni mortali". Lo squallore del mondo reale, la volgarità dell’alta società romana sta a indicare che ciascuno deve trovare nella sua coscienza, non nel suo ceto sociale, la strada per diventare un vero uomo.

Perché ha scelto come ambientazione del delitto proprio via Margutta? Ha preso spunto dal giallo sull'omicidio della pittrice Fernanda Durante, avvenuto nel 1983 in quella strada, o dal più recente femminicidio dell'insegnante Michela di Pompeo, avvenuto nel 2017 sempre a via Margutta?

Via Margutta è un luogo simbolo della “grande bellezza” di Roma. È un luogo in cui la storia si ferma o procede più rapidamente, così come accade proprio nel romanzo. Vicende antiche mi hanno suggerito solo alcuni particolari.

Tra i personaggi del suo libro c'è anche un cardinale. Forse uno degli ambienti più misteriosi in assoluto è il Vaticano. C'è un riferimento al caso sulla scomparsa di Emanuela Orlandi?

Uno dei protagonisti del romanzo è il cardinale che viene chiamato Anonimo. Non poteva essere diversamente: per il Vaticano non vi sono segreti che riguardano Roma. Per Roma vi sono invece segreti che riguardano il Vaticano. Nel romanzo non vi è alcun collegamento tra l’Anonimo e la dolorosa vicenda di Emanuela Orlandi. Di tale vicenda c’è, nel romanzo, un riferimento criptico tra gli impegni professionali di un altro personaggio.

Pensa che verrà mai alla luce la verità sull'Orlandi o resterà per sempre uno dei più grandi misteri italiani?

La verità sull’Orlandi potrà essere raggiunta, ma difficilmente verrà divulgata.

A proposito di Vaticano, ultimamente gli scandali giudiziari sono quasi all'ordine del giorno. Il motivo, secondo lei, è dovuto al fatto che prima si tendeva ad insabbiarli e ora, invece, il "nuovo corso" inaugurato da Papa Francesco sta cercando di perseguire corrotti, pedofili e riciclatori?

Credo che sia troppo presto per poter dare una seria valutazione del papato di Papa Francesco e per sostenere l’esistenza di una nuova linea della giustizia vaticana.

La nomina dell'ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone a presidente del Tribunale vaticano crede che vada in questa direzione?

Non lo so. Ogni nomina ha sempre una motivazione reale. Non sempre quella che viene esternata è quella giusta.

Questo è il primo libro di quella che lei ha annunciato sarà una serie, con il Vaticano che farà da protagonista. Ha già pensato a una possibile trasposizione cinematografica o televisiva, considerato il successo che sta avendo il genere su piattaforme come Netflix o Prime?

Non posso negare che mi piacerebbe che la mia storia diventasse un film o una serie televisiva per riuscire a raggiungere un maggior numero di persone. È questo il desiderio di ogni autore. Nello scrivere i dialoghi, che ho voluto brevi ed incisivi, ho proprio avuto di mira questo obiettivo.

Come mai i magistrati, sempre più di frequente, si accostano alla letteratura? Penso a De Cataldo e Carofiglio. È un escamotage per raccontare i "cold case" o per parlare dalle sentenze che non si condividono?

Credo che il fenomeno sia dovuto alla circostanza che il magistrato viene a conoscenza di tante storie che meriterebbero di essere raccontate. Il riuscirci non è però certo facile. Non escludo che, in qualche caso, possa diventare un escamotage, perché anch’io qualche volta ne sono stato tentato.

Lei è tra i più grandi esperti di indagini sul terrorismo jihadista e se n'è occupato nel periodo più "critico". Crede si tratti di una stagione superata, anche a causa della pandemia, o è un pericolo ancora attuale?

Il terrorismo jihadista non è un fenomeno passeggero di moda; è infatti uno strumento religioso di lotta politica che potrà atteggiarsi diversamente nel tempo, ma che durerà ancora molti anni. Esso dovrà essere affrontato non solo con misure di polizia o giudiziarie, ma con strumenti politici, diplomatici e culturali in una visione geopolitica complessiva.

A proposito di emergenza coronavirus, ormai i virologi sono diventati delle star della tv, degli opinion leader. Tra questi c'è anche Ilaria Capua, che lei aveva indagato per associazione per delinquere finalizzata all'uso di virus patogeni dell'influenza aviaria di provenienza illecita, al fine di produrre in forma clandestina dei vaccini. La dottoressa Capua è stata poi prosciolta e aveva minacciato di fare un esposto contro di lei al Csm. Com'è finita quella vicenda?

Sull’emergenza coronavirus non ho convinzioni scientifiche perché non è il mio campo. Sulla vicenda della dottoressa Ilaria Capua, l’informazione è stata come sempre approssimativa e fuorviante. Nel nostro Paese non c’è mai un vero desiderio di conoscere la verità. Come dice il mio principe Gian Maria: "L’uomo non vuole conoscere la verità perché la troppa luce fa vedere anche quello che non vorremmo vedere".

Dalla sua esperienza di indagini giudiziarie in questo campo, crede che anche il coronavirus possa essere stato prodotto artificialmente in un laboratorio, magari proprio allo scopo di arricchire le aziende farmaceutiche che producono i vaccini?

Credo che è possibile che ciò sia avvenuto, anche se il contesto, molto più complesso, ne renderà difficile la piena conoscenza. Dobbiamo renderci conto che il mondo, così come oggi lo conosciamo, è destinato nei prossimi secoli a scomparire.

Se non fosse in pensione, ci sono omicidi tra quelli più recenti avvenuti a Roma (penso ad esempio a quello dell'ex capo ultrà della Lazio Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik) sui quali le piacerebbe indagare?

Certamente l’omicidio Piscitelli è un episodio drammatico e interessante, spia del continuo divenire e trasformarsi della criminalità romana. Roma ha tanti volti. Il mondo di Piscitelli è solo uno dei suoi volti. Conoscere Roma è facile ed impossibile. Il suo essere “eterno” la rende un mutante che attraversa la Storia: la colpa è forse delle vecchie pietre che ci hanno lasciato gli antichi romani.

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