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Grande raccordo criminale, Diabolik riempiva Roma di droga

A capo della banda dei narcotrafficanti di Roma ci sarebbe stato proprio l'ex capo degli Irriducibili Fabrizio Piscitelli

Augusto Parboni
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Rifornivano tutta la Capitale. Centinaia di chili di cocaina e tonnellate di hashish arrivavano nelle piazze romane grazie a un'organizzazione criminale sgominata oggi dalla Guardia di Finanza. In cella sono finite 50 persone, una ai domiciliari. A capo della banda ci sarebbe stato proprio l'ex capo degli Irriducibili Fabrizio Piscitelli conosciuto come Diabolik ucciso con un colpo di pistola mentre era seduto su una panchina all'Appio.  Per approfondire leggi anche: LA FINANZA SMANTELLA IL CLAN DEI NARCOTRAFFICANTI DI ROMA Tra gli arrestati nell'operazione "Grande Raccordo Criminale" ci sono dunque anche esponenti del mondo ultras laziale. Si tratta di Ettore Abramo, alias "Pluto", 53 anni e Aniello Marotta, 43 anni, che appartengono al gruppo degli Irriducibili. I due erano ai domiciliari perché accusati di aver lanciato, in occasione della finale di Coppa Italia tra Lazio e Atalanta, una torcia all'interno di un'auto della Polizia locale di Roma Capitale provocando un incendio. Il loro ruolo, secondo quando emerso dalle indagini, lo spaccio ma anche il "recupero". Tra gli arrestati anche Alessandro Telich, un altro esponente ultras, che nell'organizzazione aveva il compito, come esperto informatico, di evitare agli spacciatori di essere intercettati dalle forze dell'ordine. La droga "la devo dà a tutta Roma". Così Fabrizio Fabietti, il boss arrestato dagli inquirenti della Dda, parlava a un sodale dell'influenza da lui esercitata sul mercato degli stupefacenti capitolini. La frase è riportata nelle intercettazioni dell'indagine. Parallelamente alle attività illecite strettamente connesse al traffico di droga, le indagini hanno dunque consentito di ricostruire il ruolo di Fabrizio Piscitelli, il quale, coinvolto nella compravendita di stupefacenti, era una vera e propria figura di riferimento nel controllo del territorio, "nonché di garanzia e affidabilità dell'associazione - scrivono gli investigatori - che si avvantaggiava della sua leadership". La banda acquistavano grandi carichi di droga per poi destinarla alla città, tramite una rete di contatti di chi comprava per rivendere nelle piazze di spaccio. Nell'organizzazione c'era inoltre un gruppo di picchiatori con il compito di massacrare di botte chi non pagava le partite di droga: tra questi anche ex pugili e cittadini albanesi. Era un gruppo che "non ha eguali in altre città: un gruppo misto con pezzi di criminalità sportiva, pezzi di criminalità politica accomunati da un vincolo associativo, da un senso identitario forte coagulato intorno a Piscitelli", ha detto il procuratore Michele Prestipino. Due in particolari gli episodi estorsivi documentati: il primo nei confronti di un ex compagno di cella di Fabietti, picchiato brutalmente per un debito di 100 mila euro; il secondo nei confronti di due soggetti minacciati di morte per 90 mila euro. E in un altro caso, un ferramenta di Tor Bella Monaca si sarebbe rivolto a Diabolik per chiedergli di evitare che il figlio, che doveva denaro alla banda, facesse una brutta fine. Sul fronte dello spaccio di droga, l'organizzazione era in grado di esercitare il business sull'intero territorio romano: grazie a fidati "acquirenti all'ingrosso", a loro volta referenti di sotto gruppi criminali, il sodalizio era in grado di rifornire gran parte delle piazze di spaccio della città, con basi nei quartieri Bufalotta, San Basilio, Colli Aniene, Tor Bella Monaca, Borghesiana, Tuscolano, Romanina, Ostia, Primavalle, ma anche Frascati, Ardea e Artena. Il sodalizio criminale poteva poi contare su sistemi di comunicazione all'avanguardia, forniti da Alessandro Telich. Questo, tecnico informatico e titolare di una società con sede a Dubai operante nel settore del controspionaggio industriale e delle telecomunicazioni, per il gruppo criminale eseguiva bonifiche sulle autovetture e nelle abitazioni degli associati, fornendo sistemi di comunicazione criptati che convogliano i dati presso server ubicati negli Emirati, così da rendere il sistema ancora più impenetrabile agli investigatori. Sequestrate nel corso delle indagini armi e cocaina con il marchio dello scorpione. Il giro d'affari scoperto dalla Finanza era pari a 120 milioni di euro.

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