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Condannati due carabinieri. Per i giudici è omicidio preterintenzionale

Dodici anni a Di Bernardo e D'Alessandro. Prosciolto Vincenzo Nicolardi. La sorella Ilaria: "Ci sono voluti 10 anni per dire che Stefano non è morto di suo"

Carlo Antini
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Fu omicidio preterintenzionale. A dieci anni di distanza dalla morte di Stefano Cucchi la Prima Corte d'Assise di Roma ha condannato nel processo bis a 12 anni di carcere i due carabinieri accusati del pestaggio, Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro. Assolto invece «per non aver commesso il fatto» Francesco Tedesco, il militare dell'Arma che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul pestaggio avvenuto nella caserma Casilina la notte dell'arresto. Per lui, unico tra gli imputati a essere presente in aula al momento della sentenza, resta la condanna a due anni e mezzo per falso. Per la stessa accusa è stato condannato a 3 anni e otto mesi il maresciallo Roberto Mandolini, all'epoca dei fatti comandante della stazione Appia Roberto Mandolini. I giudici, dopo oltre otto ore di camera di consiglio, hanno assolto poi lo stesso Tedesco, Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini riqualificando l'accusa da calunnia a falsa testimonianza e disposto il pagamento di una provvisionale di 100mila euro ciascuno ai genitori di Stefano Cucchi e alla sorella Ilaria. Per Di Bernardo e D'Alessandro il pm Giovanni Musarò aveva chiesto una condanna a 18 anni di carcere. Dopo la lettura della sentenza un carabiniere in servizio si è avvicinato alla sorella del 31enne romano morto dieci anni fa, e le ha fatto il baciamano. «Finalmente dopo 10 anni è stata fatta giustizia» ha detto il militare dell'Arma motivando il suo gesto. «Oggi ho mantenuto la promessa fatta a Stefano dieci anni fa quando l'ho visto morto sul tavolo dell'obitorio. A mio fratello dissi: 'Stefano ti giuro che non finisce quà. Abbiamo affrontato tanti momenti difficili, siamo caduti e ci siamo rialzati, ma oggi giustizia è stata fatta e Stefano, forse, potrà riposare in pace» ha detto subito dopo la sentenza Ilaria Cucchi. «Ci sono voluti 10 anni e chi è stato al nostro fianco ogni giorno sa benissimo quanta strada abbiamo dovuto fare. Ringrazio tutti coloro che non ci hanno abbandonato e ci hanno creduto, assieme a noi». Ilaria ha poi rivolto un pensiero al carabiniere Riccardo Casamassima, il supertestimone, oggi in aula, che con le sue rivelazioni ha permesso di riaprire il processo, e alla moglie Maria Rosati, «per tutto quello che stanno passando». «Ci sono voluti dieci anni di dolore», hanno sottolineato i genitori di Stefano Cucchi, Rita Calore e Giovanni Cucchi. «Andremo sempre avanti -hanno aggiunto- Lo abbiamo giurato davanti a quel corpo martoriato. A Stefano abbiamo promesso di andare avanti per avere verità e giustizia. Questo è il primo passo e andremo avanti fino alla fine, ma oggi è già tanto e vogliamo ringraziare la procura di Roma e tutte le persone che ci sono state vicine». Soddisfazione dai due carabinieri super testimoni del processo, Riccardo Casamassima e Francesco Tedesco. «Sono assolutamente soddisfatto» ha commentato Casamassima tramite il proprio difensore Serena Gasperini. «Ha pagato sulla sua pelle per le rivelazioni, Casamassima è stato il testimone cardine del processo - sottolinea l'avvocato- aprendo poi la strada alla confessione di Tedesco, per questo oggi è voluto essere in aula». Per Tedesco, assolto dall'accusa di omicidio preterintenzionale «è finito un incubo» ha commentato il difensore, l'avvocato Eugenio Pini. Le difese annunciano intanto ricorso in appello. «Come si concilia questa sentenza sul piano tecnico giuridico con il fatto che oggi i medici sono stati prescritti dalla Corte di appello?» afferma l'avvocato Giosuè Bruno Naso, difensore del maresciallo Mandolini. «Se secondo la Corte d'Assise d'Appello non è escluso che Cucchi sia morto per colpa dei medici - ha aggiunto - come si può concepire una morte per omicidio preterintenzionale. Leggeremo le motivazioni della sentenza e faremo certamente appello».

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