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Zingaretti si è inventato la tassa sulla pipì al bar

La novità nel testo sul commercio regionale in via di approvazione

Damiana Verucci
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Se sei cliente va bene, se non lo sei potresti presto dover pagare l'uso del bagno all'interno dei bar e dei ristoranti di Roma e del Lazio. Sì perché tra le altre novità il nuovo testo unico sul commercio regionale, prossimo all'approvazione in Consiglio, contiene un comma all'articolo 75 sulla trasparenza dei prezzi che parla chiaro: «Qualora il servizio igienico, per i soggetti diversi dalla clientela, sia messo a pagamento, il prezzo dello stesso deve essere reso ben noto attraverso l'apposizione di idoneo cartello». Che apre in poche parole alla possibilità di tassare l'uso del bagno che fino ad oggi è stato assolutamente libero. E quanto dovrà costare? Nulla è detto in proposito. Forse 50 centesimi, 1 euro? E poi a fronte di quale servizio? Personale che assicura la pulizia h24 e dunque non si rischia in questo modo addirittura un maggiore costo per l'esercente, rispetto all'uso gratuito del servizio? E ancora, come si distingue un cliente da un non cliente? Il titolare del bar, ristorante o pizzeria a taglio che sia dovrebbe controllare uno ad uno le persone che fanno la fila davanti al bagno e chiedere loro se hanno consumato. Piuttosto difficile che accada. Pare, tuttavia, che la norma sia stata richiesta da alcune associazioni di categoria stanche di veder prendere d'assalto i loro bagni soprattutto nelle zone dove c'è il maggiore afflusso dei turisti, con tutto ciò che ne consegue, dalla pulizia (in verità molto spesso discutibile), al consumo dell'acqua e della luce. Un costo notevole per i titolari degli esercizi, a sentir loro. Ma a parte il fatto che la maggior parte delle volte chi entra e usa il bagno consuma pure, sia un caffè o un semplice pacchetto di gomme, la norma appare ancora più discutibile dal momento che il nuovo regolamento di polizia urbana del Comune di Roma, licenziato neanche un mese fa, scrive a chiare lettere esattamente il contrario, ovvero: «È fatto obbligo agli esercenti degli esercizi pubblici di consentire l'utilizzo dei servizi igienici a chiunque ne faccia richiesta». Siano essi clienti o non clienti. Come del resto è sempre stato, almeno fino ad oggi. A scriverlo è la maggioranza Cinque Stelle, i colleghi della Regione forse non se ne sono accorti o hanno fatto finta di niente. Si dirà, ma questa norma non vale solo per Roma. Vero, ma nella Capitale come dovrà comportarsi l'esercente? Se il testo unico del commercio dovesse andare in porto così come è scritto quel comma, almeno per la nostra città varrebbe quanto stabilito dal regolamento di polizia urbana e dunque niente tassa per chi usa i servizi igienici di un esercizio pubblico. Resta la confusione e soprattutto, come sempre più spesso accade, il legiferare differente tra un'Istituzione e l'altra a discapito del cittadino e forse a conferma del fatto che si fanno i dispetti l'uno con l'altro o quantomeno si confrontano assai poco. «Non ero d'accordo con questa norma – fa sapere la consigliera regionale Marta Leonori – ma è passata lo stesso, vediamo cosa succederà da qui all'approvazione in Consiglio Regionale per il voto definitivo». Gli esercenti, però, sembrano volerla e sposarne appieno la ratio. «Mi sembra giusto che chi non è un cliente del bar o del ristorante paghi per andare in bagno – dice Claudio Pica, presidente Fiepet-Confesercenti – ci sono dei bar attorno al Colosseo che in certi orari registrano oltre 70 persone in fila per andare in bagno. Un'assurdità. Poi ognuno è libero di mettere o meno una tariffa, ma un minimo per usufruire del servizio permetterebbe anche di avere personale a disposizione per la pulizia». Sarà ma di tante tasse già in essere, di questa ulteriore non se ne sentiva davvero il bisogno.

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