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"La mia Luana rovinata da un egiziano"

Parla il padre dell'ex dipendente Atac aggredita in servizio e ora sulla sedia a rotelle: "Per lui neanche un giorno di galera"

Silvia Mancinelli
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Luana Zaratti compirà 33 anni a novembre. Quando ne aveva 26 venne colpita da una testata violentissima al volto che le provocò la frattura del setto nasale e un importante trauma cranico. Il 5 agosto 2011 era in servizio sull'autobus in Largo Preneste e la sua “colpa” fu quella di chiedere il biglietto a un egiziano a bordo. L'uomo la aggredì lasciandola a terra, con il sangue che le usciva a fiotti dal naso: i passeggeri provarono a soccorrerla, lo straniero venne bloccato e arrestato. Della condanna a quattordici mesi di reclusione non scontò nemmeno un giorno dietro le sbarre, mentre per la ragazza di Centocelle iniziò un calvario destinato a essere eterno. Da quel maledetto giorno di sette anni fa Luana ha perso la sua indipendenza, il suo lavoro, ha detto addio a una vita “normale”. “La Luana di prima ce la scordiamo”, dice il papà Enrico. I continui mal di testa, che la costringevano a ingurgitare farmaci per sopportare il dolore, il Natale successivo si sono trasformati in emorragia cerebrale. Episodi tuttavia, secondo l'Inail, slegati tra loro e che non sono valsi il riconoscimento dell'infortunio sul lavoro. “L'emorragia è stata definita una ‘malattia comune'. Eppure, se non è la causa principale, è sicuramente una concausa - spiega Enrico Zaratti -. All'azienda si può contestare che non è stata tutelata, ma se non viene riconosciuto il nesso tra la testata e l'emorragia cosa possiamo chiedere?”. La vicenda di questa ragazza dolcissima, che per tre anni non è riuscita a dire nemmeno una parola, è tornata a far discutere dal clamore mediatico suscitato dal lancio di un uovo. “Un'aggressione xenofoba”, come è stata definita da alcuni, perché la vittima ferita a un occhio (dal figlio di un consigliere Pd e da altri due ragazzi) è un'atleta di colore. Luana, invece, è stata colpita da una testata che le ha dato un egiziano di cui ad oggi non si sa più nulla. “Per quanto ci riguarda - aggiunge il papà Enrico - potrebbe anche esser tornato nel palazzo occupato sulla Collatina dove viveva. Di lui si sono perse le tracce”. Invece ai genitori della ex dipendente Atac la notte di Natale 2011 chiesero gli organi, considerate le condizioni disperate nelle quali versava la ragazza. Oggi Luana sta meglio, grazie a una cura sperimentale, vive con il papà e la mamma che hanno 70 e 66 anni e che si prendono cura di lei ogni giorno con un amore impossibile da raccontare. Alla figlia, aggredita sul posto di lavoro e ridotta su una carrozzina con importanti danni cerebrali, è stato “concesso” l'accompagno e una pensione di 920 euro che non bastano nemmeno a pagare i contributi della badante. “Siamo abbandonati dallo Stato - dice il papà -. Paghiamo 180 euro a settimana solo di fisioterapia e la nostra sola gioia è vedere Luana sorridere, nonostante tutto, con la sua parlantina che pare voler rimediare ai tre anni passati da vegetale. Non abbiamo avuto giustizia. Ma nemmeno un vero aiuto. Ciò che stiamo passando non lo auguro al mio peggior nemico. E' allucinante”.

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