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Prestavano soldi a strozzo e reinvestivano in case di riposo. Sette arresti a Roma

La villa di Hudorovich Elvis, alias

Sequestrati beni per undici milioni di euro

Valeria Di Corrado
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Prestavano soldi a strozzo per lo più a imprenditori in difficoltà, a tassi d'interesse che oscillavano tra il 90% ed il 180% annuo, con punte del 570%. Chi non restituiva in tempo il denaro, diventava oggetto di violenze e minacce, o gli venivano sottratti i beni di cui disponeva fino alla copertura del debito accumulato. Sono nove le misure cautelari (di cui sette arresti) emesse dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Dda, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, usura, estorsione, esercizio abusivo dell'attività finanziaria, truffa aggravata ai danni dello Stato, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni al fine di eludere la normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale. Sequestrati beni immobili e società per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro. Trenta le perquisizioni in corso in provincia di Roma, Latina e Napoli con l'impiego di oltre 150 finanzieri del Comando Provinciale della Capitale. L'operazione "Terza età", così denominata in quanto uno dei settori di reinvestimento dei proventi dell'organizzazione era rappresentato dalle "strutture protette per anziani", parte da una precedente indagine che, nel settembre 2017, aveva portato alla cattura, tra gli altri, di Massimo Nicoletti, figlio di Enrico, storico cassiere della banda della Magliana. Nel corso di quelle indagini era emerso che un faccendiere di Nicoletti, trovandosi in difficoltà economiche e dovendo restituire rilevanti somme di denaro, si era rivolto a Mauro Licenziato per ottenere un prestito. Gli approfondimenti su questo soggetto hanno evidenziato l'esistenza di un autonomo e strutturato sodalizio al vertice del quale vi era il padre, Mario Licenziato. Le attività investigative eseguite dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Capitale, attraverso intercettazioni, pedinamenti, appostamenti e meticolosi accertamenti patrimoniali, hanno rivelato come la famiglia Licenziato, grazie alla disponibilità di ingentissimi capitali, fosse dedita a sistematiche e abusive operazioni di finanziamento nei confronti di un'ampia platea di soggetti, per lo più imprenditori in gravi difficoltà economiche. Ad aggravare lo stato di sudditanza psicologica delle vittime contribuiva il profilo delinquenziale dei capi, Mario Licenziato e il figlio Mauro: entrambi di origine campana, ma trapiantati nel comune di San Cesareo (in provincia di Roma). Oltre ad avere collegamenti – per il tramite di "Giovanni lo zingaro" – con esponenti del clan dei Casamonica, sono stati indicati da alcuni collaboratori di giustizia come appartenenti ad ambienti della criminalità organizzata partenopea. In particolare, Mario Licenziato è stato definito come organico alla Nuova Famiglia, capeggiata da Michele Zaza, detto "u' pazz", storico “cartello di famiglie della camorra” nato incontrapposizione alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Inoltre, Mauro Licenziato e il fratello Gianluca (quest'ultimo destinatario della misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) sono stati indicati come soggetti dediti a strutturati traffici di droga sull'asse Napoli-Roma, sotto la direzione della zia, Carmela Licenziato, alias “Lady cocaina”, già detenuta in carcere per plurime condanne definitive per traffico di stupefacenti e porto e detenzione di armi. Le indagini hanno dimostrato la riconducibilità al sodalizio di una lussuosa struttura alberghiera ubicata nel centro di Praga, sottoposta a sequestro insieme a due “strutture protette” per anziani a San Cesareo, di cui una operativa e una destinata a essere inaugurata a breve.

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