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Delitto di Carlo Macro

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L'indiano assassino condannato a soli 14 anni

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Un mormorio e alcuni singhiozzi interrompono il silenzio che fino alla lettura della sentenza aveva avvolto la corte di Assise di Roma: «Vergogna» grida qualcuno. I 14 anni di reclusione inflitti a Joseph White Klifford non vengono accolti positivamente dalla folla di amici e parenti della vittima accorsi per mettere la parola fine al processo che vede l'indiano senza fissa dimora accusato di omicidio volontario. L'aggravante dei futili motivi è caduta tra l'incredulità dei presenti. «Attenderemo le motivazioni della sentenza – afferma l'avvocato di parte civile Ugo Biagianti - È triste che la punizione per aver tolto la vita a un ragazzo equivalga solo a 14 anni». Secondo l'assassino, la colpa della vittima, il 33enne romano Carlo Macro, risiederebbe nell'aver ascoltato la musica a volume troppo alto mentre, insieme al fratello, era a bordo della sua macchina che aveva in dotazione un comunissimo impianto stereo seriale. «L'ho colpito con il ferro che uso per chiudere la porta, volevo solo stare in pace, mi aveva svegliato una musica infernale, ero fuori di me» aveva raccontato l'indiano ai carabinieri cercando di spiegare perché, nel febbraio 2014, aveva ucciso con un cacciavite il ragazzo. Quella domenica notte, verso le 2, i fratelli che avevano trascorso la serata bevendo tra i locali di Trastevere, avevano accostato nel tentativo di cercare un angolo appartato per fare pipì. Non potevano immaginare che così facendo avrebbero innescato l'ira di Klifford, che risiedeva da quelle parti, in una roulotte donata anni prima dalla comunità di Sant'Egidio. «Nel giugno 2012 era stato emesso il decreto di espulsione nei confronti dell'indiano entrato illegalmente in Italia - aggiunge l'avvocato – ma ad agosto la comunità di Sant'Egidio gli ha dato una roulotte e l'ha posizionata proprio sul luogo del delitto». «Questo è solo il centro ascolto, provi a mandare una mail e appena potremo le faremo sapere» comunicano dalla comunità. Se qualcosa di positivo è nato da questa tragedia si chiama «Carlo Marco, per la cultura della legalità». Questo il nome scelto da amici e familiari della vittima per l'associazione che adesso si batte per il decoro urbano e la legalità.

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