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Chiude Pompi, il re del tiramisù a Roma

Pompi

Troppe multe ai clienti. Il proprietario pronto a cedere il locale di via Albalonga a degli imprenditori cinesi: "Grazie alla lungimiranza del municipio"

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Via Albalonga. È qui che nel 1960 è iniziato tutto. Con la famiglia Pompi che, nella piccola latteria, ha cominciato a far conoscere ai romani la delizia del tiramisù. Sono passati 54 anni e via Albalonga rischia di perdere lo storico bar. Negli anni Pompi è cresciuto. La piccola latteria è diventata una caffetteria grande e moderna. E poi sono nate le "succursali" di Ponte Milvio, via della Croce e Albano Laziale. Ma il fascino dell'"originale" è rimasto invariato. Ora, però, è arrivato il momento di dire basta. A comunicarlo un cartello dietro la cassa: "Grazie alla lungimiranza del municipio, residenti e cittadini avranno tranquillità e più tempo per imparare il cinese". Il perché di questo messaggio polemico lo spiega lo stesso proprietario, Roberto Pompi, che è già in trattativa con tre imprenditori, uno russo e due, per l'appunto, cinesi.  "Prima eravamo tartassati dai vigili che multavano i clienti in doppia fila - racconta a Repubblica -, poi col nuovo new jersey che ha ristretto la carreggiata gli affari sono crollati. Perdo 4000 euro al giorno. Ho lottato fino all'ultimo prima di licenziare. Cinque mesi fa ci siamo tutti ridotti lo stipendio, togliendoci il super minimo. Ma non è basto ad agosto sono stato costretto a mandare via 4 persone, a settembre altre 3. È stato un grande dolore, prima di allora avevamo sempre assunto". Il bar potrebbe trasferirsi all'Eur, mentre a via Albalonga potrebbe arrivare un ristorante cinese. La comunità cinese, però, non ha gradito il cartello di Pompi. "Sono rimasto scioccato da quelle parole piene di insofferenza razziale nei confronti di una comunità, la cui unica colpa è quella di aver avuto successo nell'imprenditoria in Italia - scrive in una lettera aperta Alessio W. Chen - Mi sento schiaffeggiato sia come cliente che come cittadino, nessuno deve offendere gratuitamente un altro gruppo etnico esponendo simili cartelli". Ma il signor Pompi si difende: "Nessun razzismo, per carità. Il mio voleva essere uno sfogo contro il municipio che non mi ha permesso di continuare a lavorare serenamente".

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