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Minacce e intimidazioni nell'esposto in Comune

Vigili, un agente della Polizia di Roma capitale

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«I vigili comunicarono con fare minaccioso e intimidatorio alla segretaria di mio fratello che c'era un esposto molto dettagliato per abuso edilizio firmato da un residente della via»; «Siccome Paolo non era in sede e la vedevano in difficoltà la minacciavano dicendo che avrebbero chiamato i carabinieri» e che la loro visita «sarebbe stata seguita da una grave denuncia penale». Sono solo alcuni dei passaggi dell'esposto inviato il 20 giugno da Silvio Bernabei, fratello maggiore di Paolo, all'indirizzo del sindaco Alemanno e del comandante della Municipale Angelo Giuliani. Il maggiore dei fratelli descrive inoltre il trattamento riservato a mezzi della società, con i carichi di bottiglie controllati direttamente sull'asfalto, in mezzo al traffico. E ancora gli stessi furgoni fermati ripetutamete all'uscita del capannone di Ostiense, le multe improbabili come quella a un motorino per uno specchietto fuori posto. Pressioni, da parte di vigili, che lo stesso Paolo avrebbe confermato l'altro ieri pomeriggio nel corso del lungo faccia a faccia con il pubblico ministero Laura Condemi e il procuratore aggiunto Alberto Caperna. In questi passaggi dell'esposto Silvio descrive un momento chiave della vicenda che ha portato la Procura ad iscrivere nel registro degli indagati 5 vigili e un geometra. Un punto poco chiaro su cui gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza, strettamente legato al trucco del falso esposto smascherato dall'imprenditore Trasteverino negli uffici del comandante del Corpo Angelo Giuliani. A giugno del 2011 due dei vigili sotto inchiesta bussano al civico 37 di via della Luce, dove si trovano gli uffici della PiùBlu Srl. Una prima volta all'inizio del mese, la seconda il 14. Chiedono di entrare per un sopralluogo. La prima volta, però, una delle segretarie di Paolo si rifiuta di farli accomodare. Lui non è in ufficio e quindi lei, nonostante le insistenze, li lascia sulla porta. La seconda volta accedono per fotografare i lavori che, ricordiamo, erano terminati con regolare documentazione un anno prima. Silvio Bernabei racconta che i due agenti dissero alla segretaria che «poteva anche non farli entrare, tanto sapevano dell'esistenza dell'abuso». Ma come potevano esserne a conoscenza se il fantomatico esposto ai vigili di cui sarebbero stati in possesso era un falso, come denunciato ai carabinieri da un residente all'oscuro di tutto? I due, va precisato, erano già stati in quegli uffici durante i lavori. Avevano controllato che tutto fosse in regola e così come erano venuti se ne erano andati. Se avessero riscontrato irregolarità in corso d'opera avrebbero dovuto quantomeno segnalarlo al geometra (indagato) che seguiva la trasformazione del magazzino in ufficio, la redazione della Dia, e che ha firmato la documentazione di fine lavori. Invece niente. Regolarità che Paolo avrebbe pagato, oltre ai 10mila euro di parcella per il geometra presentatogli da un terzo agente municipale, anche lui indagato, 30mila euro su richiesta dello stesso per gli amici della cricca (la mazzetta). Come fanno, allora, nel 2011, a sapere che era stato commesso un abuso? E se già ne erano a conoscenza, perché fare il proprio dovere solo così tardi? Perché non lo avevano denunciato prima? Chi ha preso la fantomatica telefonata del sedicente residente? E quando? Ma soprattutto: perché quell'accanimento contro la segretaria per accedere ai locali della società? Volevano verbalizzare un'irregolarità che conoscevano solo per vie traverse oppure avere conferme che l'abuso di cui erano a conoscenza non era stato modificato? Tutte ipotesi che la magistratura dovrà vagliare per srotolare un gomitolo che ha ancora troppi nodi da sciogliere. Resta il fatto che la determina dirigenziale di sospensione lavori arriva il 30 luglio, più di un anno dopo la fine dei lavori. E resta il fatto che Paolo Bernabei è indagato per abuso edilizio.

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