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La cronaca sbugiarda le statistiche

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Getta acqua sul fuoco. Lancia l'allarme sugli «allarmismi infondati». Punta l'indice sull'impossibilità di prevenire certi reati e sottolinea il clima di «grave tensione sociale, la mancanza di lavoro e l'incertezza per il futuro». Ma solo su quest'ultima osservazione possiamo trovarci d'accordo con il Prefetto. Per Giuseppe Pecoraro non esiste un'emergenza sicurezza nella Capitale perché «i 28 delitti che si sono consumati dall'inizio dell'anno sono nella media. E poi sono delitti che hanno come sfondo questioni passionali o la lotta per il traffico di droga - aggiunge - e non sono legati al terrorismo o alla mafia». Ma non sono forse le mafie a gestire il narcotraffico? Analizziamo i dati. Gli omicidi «romani» sono stati 36 nel 2005, 38 nel 2006, 40 l'anno dopo, 41 nel 2008, 40 nel 2009 e 23 l'anno scorso. Nei primi otto mesi del 2011 i delitti sono stati 28. Se il trend resterà costante a fine anno saranno 37 o 38, quindi nella media e però quasi il doppio di quelli del 2010. La verità è che, al di là dei dati, a preoccupare è l'efferratezza dei reati, la ferocia del modus operandi. Nella Capitale si uccide per uno sguardo, una piccola partita di droga non pagata, un semplice sgarbo. E si spara sempre di più in zone, come Prati o Parioli, non periferiche o «malfamate». I cittadini lo sanno e un po' di paura ce l'hanno. I politici (tutti) strumentalizzano quest'angoscia. Pur sapendo che, a parte le situazioni di profondo degrado (un esempio è l'omicidio Reggiani a Tor di Quinto, dove la presenza di un campo rom abusivo si sommava all'assenza di illuminazione pubblica), un sindaco non può prevenire stupri, pestaggi, rapine, omicidi. Bene fa Alemanno ad affermare che la città non deve essere «terra di conquista della criminalità organizzata» e a chiedere alla magistratura e agli investigatori «cosa c'è dietro questi omicidi». Il sindaco parla di sette omicidi ancora irrisolti che «hanno il sapore del regolamento di conti». Il calcolo è stato fatto escludendo gli ammazzamenti in provincia e in famiglia, i sospetti assassinii poi derubricati in suicidi e tutti quelli non collegabili alla criminalità. Però è anche vero che la statistica inganna, Trilussa docet. E un ferimento mortale che si trasforma, nel giro di qualche settimana o mese in decesso, resta spesso fuori dal macabro computo. Il problema è un altro. La politica ha capito che ciò che non appare non esiste, e viceversa. E che i mass-media sono determinanti per ottenere il consenso, e viceversa. Ma nascondere la polvere sotto al tappeto non è un buon sistema.

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