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Da Piazza Vittorio la fine dell'Esquilino

Il quartiere Esquilino

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Rinascita o declino dell'Esquilino. Il trasferimento del mercato di piazza Vittorio è stato comunque decisivo. Il rione nato con l'unità d'Italia con i palazzi umbertini, i colonnati così "torinesi" pullulanti di botteghe e negozi, con al centro il giardino «abbracciato» fino a circa dieci anni fa dal mercato di piazza Vittorio. Il più grande e il più famoso per oltre mezzo secolo e poi il più contestato e ingombrante, indicato come l'unico colpevole del degrado di tutto un rione che invece, a macchia di leopardo e senza che nessuno potesse coglierne le avvisaglie, ha inglobato un tale concentrato di stranieri ed extracomunitari da diventare una città nella città. Mentre si smantellavano i banchi del mercato, crescevano le insegne cinesi. Il profumo delle fragole di Nemi o la fragranza del pizzutello, e le grida delle vignarole per attirare i clienti sembrano ancora riecheggiare sotto i portici dove, invece, si avverte l'odore di riso basmati, spaghetti di soia, verza bollita e nell'aria l'eco di parole straniere. Intorno alcuni negozi chiusi con il cartello vendesi o cedesi attività. «Sono in tanti ad aver mollato» spiegano Tullio e Gianpaolo Grilli, seconda e terza generazione del mobilificio fondato nel 1900 da Angelina, madre e nonna dei due. «Noi resistiamo ma non è facile. Danno la colpa ai cinesi che continuano a comprare negozi e abitazioni - dicono -. Per anni questa è stata terra di nessuno, si sono aperti negozi con tabelle merceologiche diverse da quelle originarie. Ma dove erano le istituzioni quando accadeva tutto questo?». Pensavano a trasferire il mercato, all'origine di tutti i mali: decoro, igiene, sicurezza, traffico e quiete notturna. «Ci siamo invece resi conto - continuano i Grilli - che il mercato aiutava l'intera zona a vivere pur con tutti i difetti». Un revisionismo storico, si direbbe, che vale per molti. Il grande mercato di piazza Vittorio era un viatico senza rivali per il commercio dell'intero quartiere. Un ruolo adesso affidato dai magazzini Mas in via dello Statuto. Ma il mercato continua ad aleggiare sul destino della zona. Bianca Maria Selli è cresciuta tra i banchi dove lavorava la madre Annunziata Mancini, adesso ha un negozio di specialità alimentari internazionali in via dello Statuto, a pochi metri da piazza Vittorio. «Mia mamma vendeva frutta secca, banane, mandorle - racconta - . Poi con il trasferimento abbiamo chiuso il banco. Sono 16 anni che importiamo specialità alimentari soprattutto arabe e indiane, siamo anche fornitori di ambasciate. Ho sempre vissuto qui e mi piace il carattere multietnico che c'è. I problemi piuttosto sono il traffico e la pulizia». Il fenomeno cinese però continua a crescere. Sotto i portici, al posto dello storico negozio di abbigliamento Sonnino ci verrà, si dice, un ristorante giapponese di proprietà cinese. Se il rione è multietnico, gli asiatici sono i più numerosi nel commercio. Attività fatte con lo stampo: simili per la stigliatura e vetrine che si tratti di vestiti, bigiotteria, pelletteria o scarpe. Di queste ultime veri e propri intenditori. Non a caso uno dei pochi superstiti di via Conte Verde è Franco Scipioni. Calzolaio rifinito e unica insegna italiana, tra tanti ideogrammi. «Sono qui da 24 anni - ride mentre è al tavolo da lavoro - e posso dire che i cinesi comprano le scarpe migliori. Quelle italiane e griffate. Mentre noi indossiamo quelle che loro assemblano o realizzano in toto». Una convivenza ben vissuta quella di Franco. Mentre, dall'altra parte della piazza, in via Carlo Alberto, porzioni di territorio sono totalmente cinesi. Come vicolo Sant'Antonio, dove stalle e cantine si sono trasformate in case-negozi. Storia e tradizione dell'Esquilino sono più forti di qualsiasi cambiamento. Tanti i cinesi che vanno pazzi per i gelati di Fassi, il Palazzo del Freddo, in via Principe Eugenio, che da poco ha compiuto 130 anni. «Granite e gelati alla frutta sono i preferiti dai cinesi - spiega Aneta Iwona Luczak Fassi, moglie di uno dei titolari -. La nostra clientela va dai turisti ai romani, che vengono da tutta la città e, tenendo per mano i loro figli raccontano "qui venivo da bambino con mio nonno"». A pensarci bene sono questi i luoghi e i sapori che ci faranno sentire sempre a casa nostra. (-2 e ultima parte)

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