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I periti del Pm: "Il Dna incastra Raniero Busco"

L'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, Raniero Busco

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Prima di essere uccisa, Simonetta ha avuto un approccio sessuale con il suo assassino. Era consenziente. Almeno all'inizio. Poi ha reagito ed è stata picchiata e accoltellata, probabilmente con un tagliacarte. Chi l'ha ammazzata le ha anche morso il capezzolo sinistro. È accaduto nello stesso lasso di tempo. E sul reggipetto e sul corpetto, in corrispondenza del seno, c'erano tracce biologiche riconducibili «al di là di ogni ragionevole dubbio» all'imputato. Ergo, Raniero Busco è colpevole. Una ricostruzione «scientifica» ma tutta da dimostrare quella fatta ieri nell'aula-bunker di Rebibbia dai tre consulenti dell'accusa, l'ex generale del Ris Luciano Garofano, il biologo del reparto investigativo dei carabinieri Marco Pizzamiglio e il medico legale della Sapienza Stefano Moriani. Una ricostruzione contestata dall'avvocato di Busco, Paolo Loria, che ha commentato: «Qui si sta facendo il contrario, prima si trova un colpevole e poi gli si cuciono addosso le prove». La tesi del pm e dei suoi esperti (in testa la «star» delle investigazioni scientifiche dell'Arma, che ha lavorato sui casi di Capaci, Carretta, Bilancia, Cogne e Garlasco) è semplice, lineare. E, mentre i tre la esponevano, in aula sono state proiettate le terribili immagini del corpo martoriato della ragazza in via Poma e poi sul tavolo dell'obitorio. Ecco la loro «ipotesi dinamica». L'evento è iniziato e si è concluso nella stanza del direttore dell'Aiag Carboni, dove è stato rinvenuto il cadavere. Presumibilmente, in base al cibo nello stomaco, verso le 17. Non c'è stata autodifesa, non c'è stata colluttazione. Simonetta era consenziente. Lo fanno supporre, tra l'altro, gli indumenti non strappati di dosso e non lacerati. «Forse il morso al seno ha provocato la reazione della vittima - osserva Moriani - e l'aggressore ha risposto con un colpo al volto (uno schiaffo o un pugno, visto il grosso ematoma sull'occhio sinistro ndr) e poi con un mezzo tagliente» non troppo affilato e bilama, quindi forse un tagliacarte impugnato con la mano destra. Con questo, l'assassino ha prima infierito sulla parte superiore del corpo, occhi, gola, petto, torace. Poi si è spostato verso il basso, stringendo con le ginocchia le anche della poveretta, e ha sferrato altri fendenti nella zona pubica e sugli organi genitali. Infine, il killer ha pulito il sangue «a secco», con gli indumenti della vittima. Ne è uscito poco, perché la ragazza era supina e il grosso dell'emorragia è stata interna. Insomma, l'unica traccia biologica sugli indumenti di Simonetta è di Busco; se lavati saliva e sudore scompaiono e sicuramente la ragazza non indossava gli stessi di tre giorni prima, quando aveva avuto rapporti con l'ex fidanzato. Che, di conseguenza, è il suo carnefice. Peccato che non vi sia neppure la certezza che si tratti di saliva (è una deduzione) e che uno dei periti, rispondendo all'avvocato Loria, si lasci scappare: «Dopo 14 anni, con quei reperti eravamo in condizioni disperate...».

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