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Il docente di Storia della lingua italiana Slang e parolacce per non sentirsi adulti

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«Loslang giovanile romano è un potente fattore d'innovazione linguistica degli anni duemila e parole come sballà o smartì, usate dai tossicodipendenti con significati specifici, si sono poi diffuse fra giovani non tossicodipendenti perdendo il riferimento diretto alla droga e assumendo significati più estesi» ha dichiarato Pietro Trifone che aggiunge: «Spesso questo tipo di linguaggio assume una circolazione più ampia, affermandosi non solo tra ragazzi provenienti da zone diverse, ma anche nell'italiano standard di registro informale e brillante, fenomeno che trova il sostegno della stampa e di altri media». «Nelle conversazioni con i coetanei e anche nei messaggi scambiati via telematica - prosegue il docente di Tor Vergata - i giovani ricorrono spesso ad un nuovo tipo di dialetto metropolitano, marcatamente giocoso, ideato per marcare l'appartenenza di chi lo usa. Se una ragazza non gli piace - continua Trifone - il giovanotto la definisce busta, se dichiara "sto libro m'è preso a male" significa che non gli è affatto piaciuto mentre la frase "pisciare la pischella" si dice quando si decide di lasciare la propria fidanzata"». Sono varie le motivazioni che spingono i giovani romani a coniare ed utilizzare parole nuove. «Alla base c'è naturalmente un'intenzione ludica e trasgressiva tipica dell'età - spiega Trifone - ma c'è anche la volontà di distinguersi dagli adulti e di marcare l'appartenenza ad un gruppo dato che nella fase adolescenziale il bisogno di sentirsi accettati dai coetanei è particolarmente forte; si spiega così il frequente impiego delle "parolacce" che hanno un effetto di integrazione e di complicità con i compagni e insieme di contestazione del conformismo linguistico». Il lessico giovanile è attinto da diversi ambiti e presenta molteplici derivazioni. «Alcune derivano dal linguaggio dei drogati (sballo, smaltire), altre ripropongono vocaboli dialettali (sgamare) altre ancora sono travisamenti scherzosi (come roito, deformazione di rutto, per indicare una ragazza bruttina) - ha dichiarato Pietro Trifone che conclude: «Una caratteristica ricorrente è la tendenza all'iperbole e all'esagerazione espressiva: flirtare degenera in trescare, ridere a crepapelle diventa tajasse dalle risate , un film che piace molto è un botto fico». C.L.M.

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