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Moccia: "Grazie ai romani ho capito la forza dell'amore"

Federico Moccia

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{{IMG_SX}} Autore di quattro romanzi cult tra il pubblico dei giovanissimi («Tre metri sopra il cielo», «Ho voglia di te», «Scusa ma ti chiamo amore», «Amore 14»; tutti targati Feltrinelli tranne il terzo, Rizzoli) capaci di travalicare le generazioni vendendo milioni di copie; «programmista» di punta per Rai e Mediaset; regista cinematografico di successo (e figlio d'arte: il padre è il mitico Pipolo della premiata coppia Castellano&Pipolo), Federico Moccia sta girando in questi giorni il suo nuovo film.«Scusa ma ti voglio sposare» - la cui preparazione anticipa di pochi mesi l'uscita dell'omonimo libro - sarà il sequel di quel «Scusa ma ti chiamo amore» che lo scorso anno lanciò la coppia sbanca botteghino Raul Bova-Michela Quattrociocche. Ma i giovani romani, secondo lei, sono davvero così romantici? «Roma è la culla del romanticismo italiano, insieme a Verona e Venezia, rappresenta terreno fertile per un sentimento giovane come quello dei protagonisti di "Tre metri sopra il cielo" e "Ho voglia di te". Ma non aveva una propria leggenda legata all'amore. Ho girato i quartieri e parlato con la gente per trovarla e collegarla alla storia, quando scrivevo il primo libro; poi ho deciso di crearla io. E i romani hanno apprezzato: fin dalla prima settimana di uscita del romanzo avevano riempito di lucchetti Ponte Milvio, poi ribattezzato "ponte degli innamorati"». Se per un giorno fosse il sindaco, cosa farebbe per i ragazzi? «Mi piacerebbe molto che gli fosse data la possibilità di partecipare alla pulizia di Roma, perché credo che questa città dovrebbe pian piano assumere un'altra identità proprio attraverso chi la vive, la rispetta, la ama. Giovani e anche meno giovani potrebbero creare delle squadre di quartiere per la sua "igiene", organizzate con dei turni, come succede quando gli studenti affittano un appartamento insieme e si dividono i compiti per tenerlo in ordine: c'è chi lava i piatti, chi fa i letti, chi spazza le stanze. I ragazzi verrebbero così valorizzati, impiegati, potrebbero guadagnare qualcosa. Più che fare per loro, insomma, li spingerei a fare». Cos'è cultura per lei? «Un po' tutto. Perché c'è quella classica, tradizionale, legata all'apprendimento e alla conoscenza di qualcosa che appartiene al passato, ma poi c'è anche la cultura intesa come capacità di seguire le novità, interpretare le tendenze. È cultura l'attenzione ai fenomeni, l'attitudine all'analisi della nostra società».  Moccia e Scamarcio: chi è in credito con l'altro? «Credo che il nostro sia un rapporto che si è dato tanto. Alla pari. Mi piacerebbe molto tornare a lavorare con Scamarcio, per un film nuovo o la puntata finale di quello che è stato il personaggio che ci ha regalato la fama: Step, di "Tre metri sopra il cielo". Io e Riccardo siamo diventati, tra virgolette, celebri insieme, abbiamo percorso un cammino comune, ed entrambi, ognuno a modo proprio, dobbiamo qualcosa a Step. Insieme anche a Tiziano Ferro, autore della colonna sonora del film, condividiamo un'esperienza legata all'amore: lo abbiamo raccontato come sentimento doloroso, particolare, ribelle». Ponte Milvio, luogo cult del Moccia pensiero: cosa prova attraversandolo? «Mi ha emozionato molto, da subito, il "cambiamento" di Ponte Milvio. Vederlo diverso, averlo "riscritto" mi sorprende, impressiona ancora oggi e mi fa capire la forza dell'amore. Perché quello è stato il motore. Leggendo il mio libro, i ragazzi si sono legati alla storia e hanno deciso di raccontare, attraverso un piccolo lucchetto, la loro. E' fantastico: un libro genera emozioni, crea una realtà attraverso la sola forza della parola, senza che nulla venga imposto in alcun modo da nessuno».

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