Soros e i ProPal: lo strano legame. Il denaro del magnate dietro le proteste globali
In molti si stupirebbero davanti al fatto che una realtà come la Open Society Foundation, fondata e gestita per anni da Geroge Soros, ebreo nato ungherese e sopravvissuto all’Olocausto, abbia sovvenzionato onge associazioni pro-Palestina o vicine all’Islam radicale in tutto il mondo. Tanto può suonare stonata una circostanza simile, che sempre quei molti, messi difronte al fatto compiuto, non di solito non trovano niente di meglio da fare che ululare al presunto complottismo, nel tentativo di screditare - freudianamente in primis ai propri occhi-tale, effettivamente singolare, legame. Eppure le cose stanno esattamente così: a dirlo è il denaro. Muovendosi come sempre sul labile crinale che separa la filantropia dall’influenza politico-culturale, e sempre in maniera del tutto lecita e trasparente, la fondazione del miliardario ha sovvenzionato infatti decine di realtà che della causa palestinese hanno fatto la propria ragione di vita. Perché c’è, si presume, una unità di vedute, d’intenti, una grande cornice valoriale (e finanziaria) che ricomprende tutte queste organizzazioni, a vario titolo connesse l’una con l’altra nel nome di battaglie comuni così dette «progressiste».
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Paradigmatico è a questo proposito il caso delle proteste ProPal divampate negli Usa dopo l’attacco del 7 ottobre ad opera di Hamas. Proteste che hanno tenuto in ostaggio le strade e soprattutto gli atenei, anche prestigiosi come la Columbia, del Paese, promosse o gestite o sostenute da gruppi, associazioni e onlus che avrebbero ricevuto, direttamente e indirettamente, donazioni dalla Open Society. Il caso è deflagrato definitivamente dopo un’inchiesta del New York Post dell’ottobre 2023, nella quale il giornale americano racconta nel dettaglio come la fondazione sorosiana abbia «finanziato dal 2016 con oltre 16 milioni di dollari gruppi che stanno dietro alle proteste pro Palestina».
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Molte delle donazioni, secondo la ricostruzione del New York Post, sarebbero state veicolate tramite il Tides Center, realtà che si occupa di «collaborare» con altre esperienze «allineate alla missione per trasferire il potere a chi lavora per la giustizia sociale». Tra queste c’è, ad esempio, l’Adalah Justice Project, che avrebbe co-sponsorizzato diverse proteste, ivi compresa quella famigerata di Bryant Parka New York, in cui sono state arrestate arrestate circa 140 persone. D’altra parte, lo stesso portavoce di Adalah Legal Center for Arab Minority Rights in Israel, fondatrice della precedente, ha dichiarato che «la OSF sostiene generosamente il nostro lavoro in difesa dei diritti umani dei palestinesi sotto il controllo israeliano».
Altri gruppi Propal sarebbero poi stati sovvenzionati direttamente dalla fondazione di Soros con centinaia di migliaia di dollari, come l’Arab America Association, la Jewish Voice for Peace con più di un milione di dollari (che si presenta come «un’organizzazione nazionale che lavora perla libertà palestinese e per l'ebraismo oltre il sionismo») e If Not Now (oltre 600mila dollari), i quali avrebbero sostenuto a vario titolo e con vario impegno le manifestazioni di Bryant Park e quelle della Columbia University. E sarà pure che la Tides ha sottolineato che la sua «comunità di progetti e donatori» rappresenterebbe «un’ampia gamma di prospettive su cosa significhi giustizia sociale», ma qui la convergenza d’intenti tra le varie organizzazioni appare abbastanza chiara. E sempre a poco è servita la controinchiesta del Washington Post, che altro non è riuscita a dimostrare se non che le donazioni sorosiane «siano solo una parte dei bilanci di queste organizzazioni».
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In questo scenario, c’è anche l’Europa, ovviamente. Esemplari sono le donazioni alla francese Alliance Citoyenne, che si batte per i «diritti» delle donne musulmane (tra cui quello di indosssare il burquini), ritenuta da diversi analisti transalpini vicina alla Fratellanza Musulmana, anche per il legame con la Emf, realtà studentesca considerata anch’essa prossima alla Fratellanza. E se persino in Israele, nel 2017, un deputato del Likud ha promosso una ddl per controllare i finanziamenti del magnate, un motivo ci sarà.
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