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George Soros, il bancomat della sinistra. Associazioni, ong e onlus: così il miliardario plasma l'Italia

Alessio Buzzelli
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«La Open Society Foundation ha iniziato il suo lavoro in Italia nel 2008, offrendo supporto a gruppi che stavano sfidando gli abusi di potere da parte del governo dell’allora primo ministro Silvio Berlusconi». Così si legge in un breve documento del marzo 2021 della fondazione di George Soros, nel quale si descrive l’impegno della fondazione nel nostro Paese. Una frase corta, che però dice molto, e cioè che l’impegno e le attività del miliardario ungherese sono politicamente orientate, da sempre e dovunque.

Non è certo una novità, ma vista la potenza di fuoco economica- e non solo-a disposizione del sistema sorsiano, è lecito porsi più di qualche interrogativo. Come abbiamo mostrato nella scorsa puntata, infatti, i finanziamenti elargiti dalla rete di fondazioni legate alla Open Society arrivano fino- e a volte in maniera diretta- ai decisori politici; ma oltre alla politica, a godere dei «grants» di Soros in Italia sono anche decine e decine di associazioni, Onlus, Ong ed enti vari. Tutte realtà che, naturalmente, sposano e condividono e promuovono la medesima visione del mondo: a cominciare dalla «gestione» dell’immigrazione fino ai diritti civili, dal giornalismo militante alle agenzie di fact-checking, fino alle lobby e alle minoranze.

 

Gli ambiti d’intervento sono i più disparati, tutti però tenuti insieme da un minimo comune denominatore: portare avanti un’agenda politico-culturale ben precisa, che in molti hanno definito «globalista», ma questo termine è forse riduttivo. Anche nel caso di associazioni ed Ong, come in quello della politica, tutte le operazioni in questioni sono legittime e legali sotto ogni rispetto.

E sono anche, se si sa cercare, alla luce del sole. Insomma, nessuno strano complotto, nessuna dietrologia, né cospirazioni; solo molti, moltissimi soldi spesi per orientare il dibattito pubblico, indirizzare il sentimento dei popoli, spingere i legislatori a favorire certe politiche piuttosto che altre. E nel caso delle associazioni, ciò è persino più impattante: esse infatti, più della politica, operano quotidianamente e concretamente a contatto con le persone, in modo più incisivo, continuativo ed efficiente. Difficile fare il conto complessivo dei soldi investiti direttamente da Open Society in Italia. Di certo parliamo di decine di milioni di dollari (in Europa 83 milioni solo nel 2024), tutti «rendicontati» nei particolari su una sezione dedicata della fondazione (ed è da lì che le cifre qui sciorinate sono prese: sono pubbliche). Sovvenzioni che come detto si estendono ad associazioni che operano in campi diversi, elargite per il lavoro che svolgono o a volte anche per singoli progetti. Ecco qualche esempio, preso direttamente dai dati pubblicati dalla Fondazione. L’Arci in 5 anni, dal 2017 al 2022, avrebbe ricevuto in totale oltre 450mila dollari; la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (Cild) 1milione e 700mila tra il 2016 e il 2022 per progetti come «una campagna perla riforma della legge sull'accesso alla cittadinanza in Italia peri cittadini stranieri»; 200mila dollari, ancora, alla A Buon Diritto nel 2022 per «promuovere politiche migratorie alternative in Italia»; quasi un milione e mezzo di dollari alla Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione col fine, tra gli altri, di «sviluppare strategie volte a sostenere il diritto alla libertà dei migranti africani in Europa e rimpatriati illegalmente da essa». E se ne potrebbero citare altre decine.

 

Il punto, come al solito, è politico: non si contesta la legittimità di certe battaglie (anche se si potrebbe), né la liceità delle sovvenzioni; qui ad essere in discussione è il metodo, che in democrazia è tutto, oltre che i risultati. Una sola enorme fondazione, la cui gerenza è nelle mani di un solo uomo, dotata di risorse quasi illimitate, che a colpi di milioni di dollari cerca di plasmare società e popoli.

Una forma che, come ormai è sempre più evidente, sta svelando oggi il suo volto più inquietante e decadente. È stato lo stesso Soros, dopotutto, ad aver ammesso il vero obiettivo del suo continuo fare e disfare, ovvero «piegare l’arco della Storia nella giusta direzione». Che poi sarebbe la sua.

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