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Lega, l'intervista a Zaia: “C'è chi ha paura di parlare di questione settentrionale, l'Autonomia la risolverà”

Dario Martini
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«Certo, esiste una questione meridionale. Ma allo stesso tempo ce n’è un’altra, quella settentrionale, di cui si parla sottovoce. Ecco, l’Autonomia serve proprio a risolvere queste due questioni». Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, affronta di petto la riforma che più di tutte ha a cuore, ma allo stesso tempo ragiona sui rapporti tra Lega e Forza Italia e sul ruolo che l’Italia può avere nella nuova fase internazionale con Donald Trump al centro della scena.

Governatore, lei oggi qui a Roma presenta il suo libro "Autonomia, la rivoluzione necessaria". Ma la Corte costituzionale pare abbia aver messo un macigno sulla riforma. È preoccupato?
«Questo è un Paese di mistificatori della realtà. Mi lasci dire che il macigno lo ha messo sui ricorrenti. Quattro Regioni: Campania, Toscana, Puglia e Sardegna hanno presentato un ricorso. E hanno chiesto alla Consulta di bocciare la legge Calderoli. Il risultato è che la legge non è stata bocciata. La sentenza è di 107 pagine e tocca 52 punti. Venticinque volte dice "osservazione infondata" dei ricorrenti, 13 volte scrive "inammissibile", altre 14 chiede di modificare la legge. Un esempio? Dice: non chiamatele "funzioni", ma "specifiche funzioni". Infine prescrive che il Parlamento quando andrà a votare le intese tra governo e singole regioni, possa emendare il "contratto" e non dire solo sì o no. Quindi non mi sembra che abbia bocciato la legge, sfido chiunque a dirmi il contrario. Dopodiché la Corte parla dei Livelli essenziali di prestazione (Lep), e lo fa solo perché il governo li ha resi obbligatori. Tutto ciò dimostra che non siamo vittime del nostro fare, ma portiamo avanti una sfida che altri hanno ignorato».

Una circolare del Viminale chiede di prorogare le elezioni di molti Comuni al 2026. Anche il Veneto farà altrettanto?
«Sarebbe di buon senso. Si tratta dei sindaci eletti nella stessa tornata del sottoscritto, con il collega della Campania, della Puglia e altri. Era il settembre 2020, c’era il Covid, si fece questa elezione atipica. Nel mio Veneto fare le elezioni della Regione nell’ottobre 2025 costerà una ventina di milioni. Subito dopo torniamo in primavera e ne spendiamo altri venti per i Comuni. E poi ci lamentiamo dell’affluenza».

 



In Campania De Luca ha fatto approvare una legge che gli permette di candidarsi per la terza volta. Farà lo stesso in Veneto?
«A legge invariata oggi è impossibile. De Luca ha recepito la norma nazionale che dice che il blocco per i governatori è di due mandati. Noi lo abbiamo già fatto quando ci insediammo. De Luca sarebbe l’unico che si ricandida, mentre tutti gli altri andranno al voto. La stragrande maggioranza dei sindaci non ha più il blocco, altri, un centinaio su 4.000, ce l’hanno ancora. È un’anomalia. Non ha senso sostenere che altrimenti si creano centri di potere, perché così si dà degli idioti ai cittadini, che se vogliono ti mandano a casa col voto».

La Lega è il terzo partito del centrodestra. Dopo la svolta nazionale di Matteo Salvini si sta tornando alle origini?
«La politica, come la vita, diceva Giambattista Vico, è fatta di corsi e ricorsi. Io in Veneto ho visto Matteo Renzi portare a casa il 42% nel 2014, i grillini sono andarti oltre il 30%, noi abbiamo toccato il 34-36%. Ci sono alti e bassi. In Lega ho visto periodi migliori e ne ho visti di peggiori. Non mi sono mai impressionato. In un viaggio intercontinentale ci sono le turbolenze, ma l’aereo non cade. Cerchiamo di puntare l’obiettivo. Dopodiché c’è il tema dell’Italia a due velocità. Ma non è colpa dell’Autonomia, è colpa del centralismo. Dal gennaio 1948 questo Paese è gestito in maniera centralista. Tremila miliardi di debito. I bimbi in base a dove nascono sappiamo già che futuro avranno. C’è chi è costretto a fare le valigie per curarsi fuori regione. È innegabile che ci siano due questioni. Da un lato c’è quella meridionale, di cui si parla giustamente, perché ci sono sacche di diseguaglianza che vanno recuperate, dall’altro lato c’è la questione settentrionale, di cui o per timidezza, o per qualche senso di colpa recondito, se ne parla sottovoce. L’Autonomia mette insieme queste due istanze: quella del Sud e quella del Nord. Chi lo nega non capisce l’Italia».

 



Cosa pensa dei recenti screzi tra Lega e Forza Italia?
«Se non ci fossero screzi direbbero "è una dittatura, è proibito parlare". Invece il dibattito c’è, come c’è stato coni governi del centrosinistra quando ne abbiamo viste di tutti i colori. Ma il tema è che noi andiamo d’accordo. Questo governo arriverà alla fine con la stessa compagine. Se fossimo identici non esisteremmo».

Molti sostengono che per l’Europa Trump sarà un disastro. Vede più rischio opportunità?
«Si deve avere rispetto per la scelta del popolo americano. Poi, come ho detto il giorno stesso dell’elezione di Trump, l’Italia ha un’opportunità servita su un piatto d’argento. Questo governo sta gestendo bene le relazioni con gli altri leader internazionali. La premier, che ne è il faro, ne sta approfittando. Siamo l’unico Paese del G7 ed europeo ad essere "Trump friendly", l’unico che non ha fatto campagna a favore dei democratici. Ha visto quanto cortese è stato Emmanuel Macron a ricevere Donald Trump? Ecco, cerchiamo di approfittare di questa rendita di posizione. Dobbiamo diventare l’interlocutore di Trump per l’Europa. Questa è la sfida, Giorgia Meloni lo ha capito e fa bene». 

 

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