Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Premierato, Meloni: "Dialogo, ma non infinito. E punto sulle preferenze"

Antonio Adelai
  • a
  • a
  • a

Un parterre d’eccezione, con la presenza di esponenti della politica e della società civile, quello che si è registrato ieri, presso la sala della Regina della Camera, in occasione del convegno «La Costituzione di tutti Dialogo sul premierato», organizzato dalla Fondazione De Gasperi, in collaborazione con la Fondazione Craxi. Diversi i volti noti del mondo imprenditoriale, artistico, sportivo presenti. Un’occasione ricca di spunti di riflessione, grazie anche ai contributi della comunità accademica, su una riforma costituzionale, quella appunto del premierato, che proprio ieri ha iniziato il suo percorso nell’emiciclo di palazzo Madama. Un confronto che si è concluso con l’intervento del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha indicato alcuni degli obiettivi delle misure, a cominciare da quello di dare vita ad esecutivi stabili, eletti dal popolo, salvaguardando il ruolo del Parlamento e ponendo fine «alla stagione dei governi tecnici, dei ribaltoni, alla stagione delle maggioranze arcobaleno che nessuna corrispondenza hanno con il voto popolare. Penso -ha aggiunto Meloni- che sia un errore approcciare questi temi con una impostazione ideologica, soprattutto legata a interessi contingenti, che è l’orientamento prevalente in questo dibattito, ma sarebbe un errore da parte della politica indietreggiare e gettare la spugna di fronte a questo atteggiamento. È un rischio per me fare questa riforma, ma se non cogliessi questa occasione non sarei in pace con la mia coscienza».

 

 

Pur senza nominarla direttamente, ecco la puntura di spillo nei confronti della segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. «Leggo di leader che dicono di fermare la riforma con i corpi. Non so se leggerla come una minaccia o come una sostanziale mancanza di argomentazione nel merito», le parole del premier, che ha respinto le accuse di uno svuotamento delle prerogative del Quirinale, segnalando come sia stata semmai «una scelta» quella di «lasciare inalterati i poteri fondamentali del presidente della Repubblica». Il capo dell’esecutivo ha, poi, teso la mano alle opposizioni dicendosi «sempre disponibile» al dialogo, «purché l'intento non sia dilatorio», e ha definito senza mezzi termini «un errore la personalizzazione perché questa riforma non riguarda il presente, ma riguarda il futuro: non riguardala sottoscritta e nemmeno il presidente Mattarella che viene continuamente tirato in ballo». Un cenno, infine, alla legge elettorale con la disponibilità mostrata da Meloni alla reintroduzione delle preferenze. Poi Meloni ha chiarito: «La parola oggi va al Parlamento ma se non si troverà una soluzione la parola andrà agli italiani. Ma è sbagliato personalizzare il referendum come successo in passato perché questa riforma è di tutti».

 

 

Nel suo indirizzo di saluto il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha dichiarato: «Dato il mio ruolo istituzionale, non entro nel merito della riforma attualmente in discussione. Ma ribadisco la necessità di ricercare il più ampio consenso delle forze politiche affinché il disegno di legge di revisione costituzionale possa essere votato dal maggior numero di parlamentari possibile». Dal canto suo, il ministro per le Riforme istituzionali e la Semplificazione normativa, Elisabetta Casellati, ha difeso con forza la riforma. «La scelta di far eleggere il presidente del Consiglio dal popolo - ha osservato non comporta nessun pericolo di deriva autoritaria, nessuna lacerazione del tessuto costituzionale, nessuna rottura dell’ordine repubblicano. Al contrario, si riconcilia finalmente la Costituzione con il principio di sovranità popolare, affidando agli elettori non solo la scelta dei rappresentanti, ma anche di chi li governerà». Mentre per Meloni a indebolire le Camere è «il trasformismo».

Dai blog