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Pd, Schlein è già stata commissariata dal partito. Le Europee diventano una conta sui “suoi” big

Edoardo Romagnoli
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Elly Schlein è nel mirino ma non salterà per la proposta di «appoggiare» la raccolta firme della Cgil contro il Jobs act. All’inizio sembrava che la ghigliottina potesse abbattersi sulla testa della segretaria in caso di risultato deludente (sotto il 20%) alle Europee. Poi visti i sondaggi che danno i Dem stabilmente al di sopra, la prova del nove non sarà tanto il risultato complessivo quanto le sfide interne fra i candidati vicini alla leader e quelli espressione delle varie correnti. Facciamo qualche esempio: nelle isole il risultato di Pietro Bartolo, candidato della segretaria, verrà misurato con quello di Antonio Nicita, vicino a Letta, e Giuseppe Lupo, dell’area di Franceschini. Così come al sud il tridente della leader: Lucia Annunziata, Sandro Ruotolo e Jasmine Cristallo se la dovranno vedere con Antonio Decaro, Pina Picierno e Lello Topo, vicini a Emiliano. Al Centro la sfida vede direttamente la segretaria in campo insieme a Marco Tarquinio (oggi inizia la campagna elettorale da Roma) contro la coppia di sindaci Dario Nardella e Matteo Ricci.

 

 

L’ultima proposta della leader Dem contro il Jobs Act ha scatenato malumori interni soprattutto fra i riformisti, Madia e Guerini in primis, ma non sarà su quello che le daranno battagliai vari cacicchi. Non c’è dubbio che sia l’ennesima proposta di una segretaria che non ha memoria della storia del suo partito, visto che il Jobs act l’ha voluto e votato il Pd, ma non le si può certo imputare una mancanza di coerenza. L’abolizione del Jobs act era nella mozione con cui vinse le primarie contro Bonaccini. Ma c’è anche un altro elemento. Attaccare Schlein sulla proposta di abolizione del Jobs act le darebbe l’alibi per poter imputare una eventuale sconfitta o anche solo un risultato deludente in Europa a una minoranza che invece di remare insieme a tutto il partito impegnava la campagna elettorale per attaccarla. E questo è anche il motivo per cui a parte qualche dichiarazione contro la raccolta firme i riformisti non metteranno in campo nessuna azione concreta per boicottare o anche solo ostacolare l’iniziativa «anti Jobs Act».

 

 

Elly Schlein è già stata commissariata e per capirlo basta leggere le parole di Goffredo Bettini, soprattutto il passaggio in cui «suggerisce» di far sedere in segreteria tutti i big del partito. «Da Orlando a Guerini, da Bonaccini a Cuperlo, dalla Tinagli a Gori. Se le correnti le intendiamo come luoghi di potere per il potere, certo, vanno destrutturate. Ma se invece le intendiamo come luoghi di confronto, io penso che siano una ricchezza» ha detto lo stratega Dem. Il peccato originale di Schlein è stato quello di pensare di poter cambiare il partito da sola, senza passare da una mediazione con i big. In questo senso è interessante vedere che fine ha fatto la componente milanese del partito. Silvia Roggiani, segretaria regionale del Pd in Lombardia, è praticamente scomparsa dai radar. Così come Simona Malpezzi, ex capogruppo Dem al Senato, fatta fuori da Schlein appena insediata.

 

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