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Dossier, gli spioni e quei silenzi di Nordio: "Nessuna divergenza con Meloni"

Rita Cavallaro
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Una comunanza di intenti, di vedute, di prospettive. L’implicita consapevolezza di star portando avanti una riforma epocale. E di essere di fronte a uno scandalo sul quale tutto l’esecutivo pretende di fare assoluta chiarezza. Il giorno dopo le presunte frizione tra il premier, Giorgia Meloni e il Guardasigilli, Carlo Nordio, sbandierate ai quattro venti dagli strilloni della sinistra, la calma nei palazzi romani del potere non potrebbe essere più piatta. Nordio non ha avuto alcuna voglia di rilasciare dichiarazioni ufficiali. In particolar modo, per smentire l’ennesimo, presunto screzio con il leader di FdI. La nuova (ma solo in ordine temporale) telenovelas ha come trama un centrodestra (teoricamente) spaccato, diviso su tutto, litigioso e prossimo all’implosione. Almeno nei sogni della sinistra. Il ministro della Giustizia, pur nel riserbo necessario in una fase così delicata, non ha negato la volontà di andare avanti, in modo compatto, col governo guidato da Giorgia Meloni.

 

 

Lo scandalo dei dossier, che come ha rivelato Il Tempo ha avuto ripercussione anche nella corsa al Colle di Silvio Berlusconi e Maria Elisabetta Alberti Casellati, è una ferita troppo grave perché la maggioranza di centrodestra non voglia vederci chiaro. Una posizione netta, espressa anche dal ministro della Difesa, Guido Crosetto: «C’è il rischio che non si arrivi all’accertamento della verità. Vorrei che il Parlamento, proprio perla democrazia, non per chi ha denunciato, arrivasse a ridefinire i confini e a far riprendere fiducia in tutte le istituzioni da parte dei cittadini». Da ambienti vicini al Guardasigilli è stato smentito categoricamente un suo presunto fastidio nei confronti di alcuni pubblici ministeri coinvolti nell’inchiesta. L’indipendenza della magistratura è un assunto imprescindibile per Nordio. Uno di questi punti cardinali che lo hanno accompagnato per la sua intera esistenza. E proprio sul fronte delle indagini sul presunto dossieraggio, dai corridoi investigativi si mormora che l’inchiesta di Perugia potrebbe allargarsi a macchia d’olio e travolgere nomi di spicco dell’Antimafia. Non a caso sul lavoro della Procura del capoluogo umbro, competente a indagare sui magistrati di Roma, c’è il massimo riserbo.

 

 

Tanto più che il fascicolo è stato trasferito ai colleghi di Perugia dai pm di Roma solo dopo aver ascoltato le ammissioni del luogotenente Pasquale Striano, il quale, oltre a consegnare un diario delle migliaia di attività di accesso abusivo alle banche analisti degli ultimi anni, ha garantito di aver lavorato correttamente, di aver seguito gli ordini e che alla Dna quella era la prassi. D’altronde, come ha ipotizzato già il procuratore Raffaele Cantone, la mole mostruosa di dati rubati da Striano, e tracciati, è indicativa del fatto che il finanziere non può aver agito da solo, ma sotto richiesta di «mandanti». Tornando al Guardasigilli, anche la riforma sulla separazione delle carriere, che si sta incanalando nei calendari dei lavori parlamentari, dimostra come sia del tutto evidente la volontà di migliorare e modernizzare un settore difficile, ma essenziale per la tenuta democratica dell’Italia come l’apparato giudiziario.
(ha collaborato Christian Campigli).

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