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Sardegna, Todde inizia a tremare: "Non si può ricontare tutto"

Dario Martini
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Alessandra Todde assicura di sentirsi tranquilla. «Sono serena, il margine oscilla tra 1.450 e 1.600 voti per noi». Se la governatrice in pectore dice di non avere timori non c’è da dubitarne. Ma è altrettanto indiscutibile che la situazione in Sardegna sia alquanto inedita. Una settimana fa, ad urne chiuse, lo scarto di voti con Paolo Truzzu, il candidato del centrodestra, era superiore a 2.600 voti. Oggi si è notevolmente ridotto. E c’è chi parla già di un divario ancora più basso, addirittura inferiore ai mille voti. Per conoscere il dato preciso bisognerà aspettare che la Corte d’appello termini la verifica dei verbali inviati dalle singole sezioni mancanti. La grillina, risultata vincitrice della competizione elettorale, intanto mette le mani avanti: «Il riconteggio totale non è previsto dalla legge, ma si può fare solo su singole sezioni». Una frase da cui traspare evidentemente un po’ di incertezza. Da Fratelli d’Italia (il partito di Truzzu) infatti hanno già fatto sapere di essere pronti a fare un ricorso che rimetta tutto in discussione nel caso in cui la distanza finale tra i due candidati dovesse attestarsi sotto i mille voti.

 

 

«Finché non si chiudono i lavori della Corte d’Appello di Cagliari, non possiamo prendere nessuna decisione. Questa è la linea del partito e non è cambiata», spiega la deputata di FdI Barbara Polo, coordinatrice provinciale del partito di via della Scrofa in Sardegna. «Certo - aggiunge - se ieri il vantaggio di Todde su Truzzu si è assottigliato, arrivando a circa 800 preferenze e si era partiti da un distacco di 2.600 voti al momento dello spoglio, il 26 febbraio scorso, qualche domanda ce la dobbiamo pur fare...Mi fa pensare che ci possono essere dei margini per un eventuale riconteggio, ma, lo ripeto, dobbiamo attendere l’esito finale della Corte d’Appello e io mi rimetto alla volontà del partito. La presidente Meloni da Toronto è stata chiara su questo: ora non è il momento di prendere decisioni. E comunque, ogni decisione, spetta al partito». Nell’attesa, a ricordare un particolare curioso è un altro parlamentare di FdI, Salvatore Deidda: «Nel 2019 Paolo Truzzu s’impose al primo turno come nuovo sindaco di Cagliari, per un pugno di voti, sulla candidata del centrosinistra Francesca Ghirra, attuale deputata dei Progressisti, che all’epoca ipotizzò - prima che i risultati fossero ufficiali - un riconteggio, tramite ricorso ai giudici amministrativi - considerato che solo una novantina di preferenze le avrebbe consentito di sfidare l’avversario al ballottaggio. L’eventualità di rivolgersi al Tar fu poi accantonata dal centrosinistra, una volta concluse le operazione di verifica delle schede». Intanto, mentre lo sconfitto del 2019, Massimo Zedda, annuncia l’intenzione di candidarsi a sindaco di Cagliari, Todde fa sapere che l’8 marzo andrà in Abruzzo per sostenere il candidato del campo largo Luciano D’Amico. Quest’ultimo vuole lei sul palco per la chiusura della campagna elettorale, ma ha posto il veto su Elly Schlein e Giuseppe Conte.

 

 

 

È il segno dei tempi atteso da tempo è, alla fine, arrivato (in attesa di un eventuale riconteggio delle schede elettorali). E si sa, squadra che vince non si cambia. Così, tra una comparsata in uno dei mille talk show televisivi serali e un tweet, la strana coppia progressista ha deciso di giocarsela fino in fondo anche in Abruzzo. Non serve essere un allievo di Norberto Bobbio per comprendere come una vittoria a Pescara, L’Aquila e dintorni compatterebbe (forse in modo pressoché definitivo) l’alleanza tra Pd, M5S, Avs e, forse, anche Azione e Italia Viva. Al contrario, qualora la Sardegna fosse stata, per il centrodestra, solo un incidente di percorso, la boria sventolata ai quattro venti da dem e grillini nell’ultima settimana, scomparirebbe all’istante. Mercoledì e giovedì BersElly daranno fondo alle loro energie per sostenere il candidato a Palazzo Silone, Luciano D’Amico. Solo dopo lo spoglio elettorale sarà possibile capire se quello squillo di tromba è stato isolato o l’inizio di un (sinistro) concerto. Intanto, Bersani ha impartito la sua ultima lezione ai militanti del Pd: «Devono ricominciare a frequentare le osterie come un tempo».

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