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Malagiustizia, Italia malata: ecco un Paese da cambiare

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Edoardo Romagnoli
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Prima giornata della scuola politica della Lega animata da Armando Siri a Palazzo Rospigliosi a Roma. Tra i panel anche quello sulla giustizia. Un tema sempre più urgente visti i dati. In Italia dal 1991 al 31 dicembre 2022 le vittime di ingiusta detenzione sono state 30.778, una media di poco più di 961 l’anno. Un dato consolidato anche dal fatto che il 45% delle condanne in primo grado finiscono in assoluzione. Errori che costano allo Stato, tra indennizzi e risarcimenti, 932 milioni e 937 mila euro, una media poco inferiore a 29 milioni e 200 mila euro all’anno. Per un attimo però lasciamo da parte i numeri e parliamo di persone. Tra i recenti casi di malagiustizia spicca sicuramente la storia di Beniamino Zuncheddu (nella foto) che il 26 gennaio è stato finalmente assolto dall’accusa di triplice omicidio dopo aver trascorso in carcere 32 anni. Una vita passata dietro le sbarre, dai 27 ai 59 anni, che nessuno potrà mai restituirgli.

 

 

L’omicidio dei tre pastori sardi Gesuino Fadda, di suo figlio Giuseppe e di un loro dipendente Ignazio Puxeddu, è passato alle cronache come la strage di Sinnai; uno dei più gravi errori giudiziari della storia italiana. Il grande accusatore di Zuncheddu, il sopravvissuto Luigi Pinna, durante l’udienza del 14 novembre scorso ha rivelato come all’epoca dei fatti un poliziotto, Mario Uda, gli mostrò la foto del pastore dicendo: «È lui il colpevole». Da lì le indagini si concentrarono solo su Zuncheddu puntando sui contrasti accertati tra le sua famiglia e i Fadda. È stato più fortunato Ambrogio Crespi, ospite della prima giornata della scuola politica del Carroccio, condannato a sei anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa in una inchiesta per compravendita di voti. L’accusa era di essersi messo a disposizione, come consulente elettorale,per favorire alle votazioni regionali in Lombardia nel 2010 l’elezione di un politico vicino alle cosche della ’ndrangheta.Dopo 6 mesi passati in galera, il 2 settembre, il Presidente della Repubblica ha accordato a Crespi la grazia parziale. Nel senso che scontava un anno e due mesi della pena facendola scendere a 3 anni, 11 mesi e 29 giorni mettendo in condizione Crespi di poter accedere all’affidamento in prova ai servizi sociali. Lui ha fatto sapere che chiederà la revisione del processo, nel frattempo però è entrato a far parte della lunga schiera dei casi di malagiustizia.

 

 

Sempre il26 gennaio è arrivata anche un’altra sentenza, quella che ha assolto Mario Ciancio Sanfilippo editore siciliano e proprietario della Gazzetta del Mezzogiorno e de La Sicilia. Lo avevano accusato di «concorso esterno in associazione mafiosa» chiedendo per lui una pena di 12 anni. Due giorni fa la sentenza che ha ribaltato tutto dichiarando la sua estraneità ai fatti. Il problema è che per dichiararlo innocente ci sono voluti sei anni, il processo infatti è iniziato nel 2018. Ciancio oggi ha 91 anni e anche se la Corte di appello e Cassazione gli hanno restituito tutti i beni sarà impossibile per lui ripartire con la sua attività; senza contare tutti i suoi dipendenti rimasti per strada. Politici e commentatori ripropongono sempre la stessa soluzione: riforma della Giustizia con la separazione delle carriere e l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati.

 

 

In realtà sono 30 anni che i governi di tutti i colori si schiantano sulla riforma della giustizia che invece di essere un terreno bipartisan diventa un tema di scontro politico rendendo il percorso di riforma impraticabile. «Non saremo un Paese compiutamente libero, democratico, moderno e sviluppato senza una profonda, necessaria, giusta, condivisa e urgente riforma della Giustizia - ha detto il vicepremier Matteo Salvini intervenendo alla scuola politica della Lega - E chi sbaglia paga, responsabilità anche personale di coloro che amministrano da sera a mattina la libertà di uomini e donne. Se sbagliano, come qualsiasi altro lavoratore, devono pagare le conseguenze del loro drammatico errore». Il problema è che anche questo Governo non sembra in procinto di realizzare una vera e profonda riforma della Giustizia. Per la deputata leghista Simonetta Matone, anche lei intervenuta alla scuola di formazione politica della Lega, «all’interno della maggioranza ci sono due tendenze opposte: il giustizialismo di Fratelli d’Italia e il garantismo di Forza Italia e della Lega». Se queste due tendenze non troveranno una sintesi anche questa esperienza di governo avrà perso una grande occasione per rendere finalmente la giustizia più giusta.

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