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Pnrr, ai "gufi" non resta che emigrare

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Filippo Caleri
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Hanno perso in successione le ali, il becco e anche gli artigli. Resta loro solo qualche piuma. I «gufi», così si chiamano in gergo coloro che da un anno tifano contro il Paese, non sanno più a quale ramo attaccarsi. Ieri l’ultima notizia ferale per le loro mire distruttive. Quello che era considerato impossibile da realizzare si è invece compiuto. La rimodulazione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, e cioè la possibilità di spostare fondi dai progetti che non sarebbero arrivati a conclusione, a quelli più certi di vedere il traguardo, è stata approvata dalla Commissione europea. Un obiettivo raggiunto grazie a una negoziazione costante con gli euroburocrati, la cui inflessibilità nell’accordare concessioni al nostro Paese, è storica prassi. Non questa volta. Il governo attraverso un costante colloquio del ministro Fitto con Bruxelles, fatto di risposte puntuali a ogni richiesta, ha raggiunto il risultato. Che in soldoni si traduce un bottino di 21 miliardi aggiuntivi per la crescita del Paese. Non solo. La flessibilità accordata consente anche di usare le risorse per riparare i danni generati dalle alluvioni in Emilia e Toscana, sopendo per questa via anche i malumori delle regioni rosse, che spesso si prestano a essere strumentalizzati in funzione anti esecutivo.

 

 

Ai «detrattori con le ali» non resta che prendere il volo ed emigrare. Non hanno avuto fortuna. Nel caldo del loro nido hanno, infatti, iniziato a lanciare le loro invettive velenose già prima dell’arrivo di Meloni a Palazzo Chigi. Lo spread secondo i «pennuti» sarebbe arrivato a livelli record. Ieri ha chiuso in calo a 174 punti base. Il giorno prima dell’insediamento del governo lo stesso indice era a quota 236. Niente da fare. Così come male è andata loro sulla Manovra per il 2024. Nonostante la richiesta di deficit aggiuntivo, la Ue ha sospeso il giudizio, ha considerato l’impianto solido e non ha fatto contestazioni dure come in altre occasioni. «Gufi» ancora battu tima non estinti. Sì, perché hanno scommesso tutto sulla possibilità che le agenzie di rating bocciassero il debito italiano. Standard & Poor’s, Fitch e la terribile Moody’s non solo non lo hanno fatto ma hanno rivisto e migliorato le prospettive. Un colpo fatale peri disfattisti cronici. Ma c’è di più. I soldi racimolati dalla revisione del Pnrr equivalgono a un’autentica Manovra, in gran parte destinata alle imprese. E, insegna Keynes, che se si investe, la ricchezza prodotta si moltiplica. Ciliegine sulla torta: il petrolio è stabile, la benzina scende, l’inflazione calerà velocemente, molti contratti sono stati chiusi con aumenti consistenti, l’occupazione continua a crescere. Insomma «gufi» d’Italia: rassegnatevi.

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