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L'alternativa del Pd si infrange sui no del M5S. Conte tiene le distanze

Pietro De Leo
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La battuta viene semplice semplice: da «la cosa» a «l’alternativa». 35 anni (quasi) di sinistra. Quando Achille Occhetto impresse al Partito Comunista Italiano la svolta della Bolognina, sostenne la necessità di iniziare dai contenuti programmatici per poi arrivare alla denominazione. Infatti, per lungo tempo si parlò de «la Cosa» (prima di giungere al Partito Democratico della Sinistra), pseudo brand giornalistico applicato alla politica non proprio felice, visto che era anche il titolo di un film dell’orrore di quegli anni. Elly Schlein sabato in piazza ha coniato un nuovo termine, «l’alternativa». Ovvero una coalizione di centrosinistra, più larga possibile, che possa rappresentare un modello concorrente rispetto a quello espresso dal governo di centrodestra. La «cosa» e l’ «alternativa» a oltre tre decenni di distanza, hanno degli aspetti in comune. Entrambe rappresentano un percorso per trovare una chiave di lettura nella sinistra non riformista rispetto al mondo che cambia. Ai tempi occorreva ricostruire un volto e un’anima al principale partito della sinistra dopo la caduta del Muro di Berlino. Oggi occorre ridisegnare un’essenza di fronte ad un’altra accelerazione della storia, con la rottura della globalizzazione ed il riassetto di equilibri geopolitici, nuove forme di organizzazione del lavoro, l’irruzione della tecnologia in tutti i gangli della vita sociale, pubblica o privata. La Cosa, nel suo primo passaggio evolutivo, ovvero il Pds, all’inizio godette un vantaggio del campo, sgomberato pervia giudiziaria dai partiti che avevano retto il governo di questo Paese dalla nascita della Repubblica. Poi però si ebbe l’imprevisto della discesa in campo di Silvio Berlusconi ed ecco che la Cosa divenne una forza dell’«anti». «L’alternativa» questo vantaggio di campo non ce l’ha, ma comunque è già ben proiettata nella pratica dell’ «anti», come si è visto sabato in piazza. Perché al di là della contrapposizione al governo e a chi lo guida, al di là della costruzione di un racconto che vede al timone dell’Italia tutto il peggio che c’è, in realtà le fondamenta per un blocco politico sinergico e competitivo non si vedono. Sabato in piazza, oltre al Pd, c’erano anche Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Ma c’era anche, era la presenza più attesa, Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, accompagnato dall’ex Presidente della Camera Roberto Fico, quest’ultimo auspica da sempre di un’alleanza con il partito del Nazareno. Conte ha lasciato la piazza molto prima che la segretaria dem pronunciasse il suo discorso. Ciò è un dettaglio, ma comunque si fa notare. Se non altro, però, non è stato contestato da nessuno, al contrario di quando, al contrario Elly Schlein si beccò più di un fischio quando qualche mese fa si presentò, per augurare «buona manifestazione» al corteo di Giuseppe Conte a Roma per promuovere il salario minimo (quello che poi fu devastato da un intervento distruttivo di Grillo dal palco). Ebbene, se Conte a margine dell’evento a Piazza del Popolo è stato piuttosto freddo sul campo largo (preferendogli, sono parole sue, il «campo giusto»), il giorno dopo l’ha buttata giù così: «Sono stato con amici alla manifestazione del Pd per confermare il dialogo in corso.

Noi non viviamo di invidia, la piazza era piena ed era un bel colpo d'occhio, ma io rappresento una forza distinta e fino a quando ci sarò non permetterò a nessuno di pensare che l'M5S possa fare da succursale o stampella a qualcun altro». Insomma, dialogo in corso ma ancora posizionamenti per cercare di ottenere una primazia nell’area, e c’è da credere che sarà così fino alle europee, considerando il voto con sistema proporzionale dove ognuno va per sè. Se andiamo poi sui contenuti, risalta un’intervista dell’ex ministro Stefano Patuanelli, che sottolinea come il posizionamento circa la guerra in Ucraina sia un punto che distanzia i pentastellati dal Partito democratico. In realtà, esistono altri punti di differenziazione, non ultimo quello sul dossier migratorio. Giuseppe Conte, qualche settimana fa, ha accusato i suoi alleati virtuali, di avere una linea che non va oltre le “porte aperte” suscitando una reazione alquanto irritata del gotha Pd. Punti di vista diversi, poi, ci sono stati ad esempio anche sul tema giustizia, a fronte del superamento del reato di abuso d’ufficio. Tutto ciò dimostra che la photo opportunity alle manifestazioni non basta, e che per costruire «l’alternativa» il cantiere è molto complicato. A meno che non si voglia utilizzare solo la malta dell’ «anti», ma sarebbe un film già visto.

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