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Governo, la sinistra cerca ogni spunto per affossare Meloni. Ma è pronto il contrattacco

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L'imputazione coatta del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro per il caso Cospito, l'inchiesta sulle società della ministra al Turismo Daniela Santanchè, le polemiche generate dalle dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa in difesa del figlio accusato di violenza sessuale, e anche quelle scaturite dalle affermazioni del ministro dello Sport Andrea Abodi sul coming out fatto dal calciatore Jakub Jankto ("non amo le ostentazioni ma le scelte individuali vanno rispettate"). Più passano i giorni più aumentano i fronti con cui Giorgia Meloni si trova a dover fare i conti, con le opposizioni sempre in pressing sulla presidente del Consiglio affinché rompa il silenzio e prenda una posizione ufficiale. Il premier, impegnata a Riga nel bilaterale con l'omologo lettone Krisjanis Karins, si ferma per le dichiarazioni ufficiali ma non per un punto stampa, rinviando l'appuntamento al termine del vertice Nato che martedì e mercoledì la vedrà impegnata a Vilnius.

 

 

Concluso il summit, insomma, Meloni farà il punto della situazione, ma in Italia intanto non si ferma l'attacco al governo con Elly Schlein che si domanda "quanto durerà ancora il silenzio" della premier "da settimane in ostaggio delle inchieste, degli scandali e dei vergognosi sproloqui della sua stessa maggioranza". La segretaria dem evidenzia anche il fatto che "non abbiamo sentito da lei una sola parola sulle emergenze economiche e sociali del Paese, non una parola sulla proposta unitaria delle opposizioni sul salario minimo, sul caro mutui, sulla sicurezza sul lavoro, su come contrastare l'inflazione". "Cos'altro deve accadere perché, infine batta un colpo?", insiste Schlein tornando sulla vicenda La Russa ("sta perdendo l'occasione di essere dalla parte delle donne, si sta mostrando di parte") e anche sul nuovo caso di giornata legato alle parole di Abodi sul calciatore Jankto: "È uno dei classici argomenti omofobi, fate pure quello che volete basta che non si veda. Io le ho trovate delle affermazioni molto gravi. Sarebbe opportuno che chi sta nelle istituzioni agevolasse i percorsi di coming out, soprattutto in settori come quello sportivo. Sarebbe importante non solo non stigmatizzare, ma stare al fianco di chi si dichiara". "Peraltro - aggiunge la segretaria del Pd - non c'è nessuna ostentazione nel fatto di dichiarare quello che si è. Mi sembra solo una presa di posizione contro i gay pride, ma le istituzioni dovrebbero essere la casa di tutte e di tutti".

 

 

Ad attaccare il governo sullo stesso tema è anche Azione definendo l'esecutivo "costantemente al limite tra il becero e l'inopportuno. Nel 2023 ritenere che l'orientamento sessuale sia una scelta è sinonimo di ignoranza. Sono ossessionati dai diritti civili e dalle libertà individuali. Vale la pena ricordargli però che non sono concessioni o patenti da rilasciare". A mettere nel mirino la 'squadra' della premier è anche il leader Carlo Calenda che via social evidenzia il fatto che "L'auspicabile svolta della Meloni verso un 'conservatorismo europeista' si sta impantanando anche per colpa di una classe dirigente impreparata e talvolta improponibile. Sarebbe saggio scaricarla e chiudere subito il conflitto con gli altri poteri dello Stato". Il riferimento è allo scontro aperto con la magistratura. "Rischiamo di tornare a un clima di conflitto ideologico improduttivo e inutile - aggiunge -. Sta alla Presidente del Consiglio fermare ora questa deriva". Per il leader di Italia Viva Matteo Renzi, tuttavia, il vero problema per l'inquilina di Palazzo Chigi "sono le tasse, non la pitonessa (soprannome della Santanchè). Questa destra perderà se non saprà ridurre le tasse, gestire l'immigrazione, essere credibile in Europa. Non per qualche complotto vero o presunto che sia". E intanto, in vista dell'approdo in Parlamento del ddl Nordio sulla riforma della Giustizia (è ora al vaglio del Quirinale per il via libera), Renzi annuncia di aver deciso di trasferirsi in Commissione Giustizia del Senato per seguire "personalmente" l'iter del disegno di legge.

 

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