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Crisi Russia, il generale Tricarico tira le orecchie agli alleati: la Nato si deve svegliare

Francesca Musacchio
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«Quello che sta succedendo in Russia, ovviamente, è per ora imperscrutabile. Siamo ancora nelle primissime fasi di questa crisi che si preannuncia molto grave, con un ventaglio di possibilità sugli sviluppi che vanno dalla guerra civile all’ipotesi di una composizione prima che il sangue cominci a scorrere. Questa seconda ipotesi mi pare poco probabile, anche se Prigozhin in passato ci ha abituati a cambi di posizione e di atteggiamento su altre cose. Ma questa volta si è spinto molto avanti». È il commento del generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica e attuale presidente della Fondazione Icsa, a proposito della rivolta che Evgeny Prigozhin, capo della milizia Wagner, ha lanciato contro Vladimir Putin.

Quali potrebbero essere le motivazioni che hanno spinto Prigozhin a prendere una decisione del genere?
«Sicuramente Prigozhin si trova in un punto critico di una sua personale parabola che inizia quando ha deciso di fare outing. Siamo arrivati a un punto molto diverso da quello di inizio ed evidentemente la valutazione è che questo è il momento di attraversare il Rubicone. Non so sulla base di quali valutazioni ha adottato questa decisione, sicuramente non solo e non tanto sulla scia dell’ira verso la gerarchia militare russa. Ma ritengo anche su valutazioni che lui è in grado di fare e noi un po’ meno».

In che senso? Si spieghi meglio.
«Oggi la valutazione più delicata è capire su quali forze possa contare l’uno e l’altro, al di là del numero di truppe, sono valutazione molto complesse come capire che impatto hanno avuto questi sedici mesi di operazione in Ucraina sul morale dei militari russi. Ci sarebbero segnali che incoraggerebbero in tal senso, ma non sappiamo se questa crepa è così profonda da arrivare fino alle alte gerarchie e quindi con la probabilità che ci siano militari disposti a non seguire gli ordini del Cremlino».

Tra le valutazioni che Prigozhin ha fatto prima di lanciare la rivolta contro Putin può aver influito il contatto o i rapporti con altri Stati?
«No, non ho elementi per dire se questo è accaduto. Anche perché le frequentazioni di Prigozhin sono relative a pochi Paesi, per lo più africani, che non possono influire sul suo comportamento».

Tra gli sviluppi di questa situazione accennava a una possibile composizione tra Putin e Prigozhin per evitare la guerra civile. A cosa potrebbe portare se accadesse?
«Prima di questo outing clamoroso, il comportamento di Prigozhin nell’interlocuzione con Putin era piuttosto ambigua. Ha sempre dato colpi all’amministrazione militare senza mai attaccarlo e quindi esisteva l’ipotesi che i suoi comportamenti fossero funzionali a qualcosa che Putin voleva fare ma non poteva ufficialmente. Ma adesso il capo di Wagner ha parlato di motivazioni assenti per invadere l’Ucraina. Non sarebbe infondato far coincidere il termine del conflitto interno con un cessate il fuoco in Ucraina. Però queste sono elucubrazioni, magari succedesse, atteso che Putinsi sia accorto che questa guerra non ha sbocchi per la Russia. Ma ripeto: sono pensieri in libertà, non ci sono prove di questo, se non un auspicio».

È possibile un collegamento tra Prigozhin e i partigiani russi anti-Putin entrati a Belgorod?

«Anche in questo caso, non ci sono elementi di collegamento».

Dalle dichiarazioni arrivate fino ad ora, l’Occidente monitora quello che accade in Russia. Cosa ne pensa?

«È singolare che, ancora una volta, da parte occidentale non si mettano in campo le regole del nostro vivere comune e che tengono in piedi l’Alleanza. Fino ad ora nessuno ha invocato l’articolo 4 del trattato nord Atlantico. Mai come adesso sarebbe stato opportuno che qualcuno dicesse: vogliamo riunirci e vedere costa sta succedendo? Invece si fa un giro di consultazioni tra Paesi G7. Nato se ci sei batti un colpo, fino adesso hai battuto sul tavolo sbagliato».

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