Contestazione a Roccella

Mattarella dà una lezione alle femministe e alla sinistra: “Mai mettere a tacere qualcuno o un libro”

La scuola come luogo di "promozione" e non di "selezione sociale", strumento e "leva" per "contrastare la povertà" il cui fine primario è "l'eliminazione di ogni discrimine". Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ripercorre gli insegnamenti di Don Lorenzo Milani e lo fa da Barbiana, il borgo tra i boschi del Mugello dove il priore fondò nel 1954 una scuola popolare per insegnare con un metodo pedagogico innovativo ai bambini della zona. "Un maestro, un educatore, una guida per i giovani che sono cresciuti con lui, testimone coerente e scomodo per la comunità civile e per quella religiosa del suo tempo" e "battistrada di una cultura che ha combattuto il privilegio e l’emarginazione, che ha inteso la conoscenza non soltanto come diritto di tutti" lo definisce Mattarella, nel suo intervento in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita. "La scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti" perché "una scuola che selezione distrugge la cultura", scandisce il Capo dello stato rifacendosi all'autore di 'Lettera a una professoressa'. Una concezione "piena di modernità, di gran lunga più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale". Quindi una riflessione sul "merito" - diventato 'materia' del nuovo ministero dell'Istruzione guidato da Giuseppe Valditara - che "non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito" bensì "dare nuove opportunità a chi non ne ha". E questo "per non far perdere all’Italia talenti: preziosi - aggiunge - se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito".

 

  

 

La scuola di Barbiana, dove Don Milani insegnava ai figli dei contadini in ruderi senza luce elettrica né strade asfaltate, "durava tutto il giorno. Cercava di infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico". Tutto ciò "senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno - aggiunge il presidente - un libro o la sua presentazione". Chiaro il riferimento alla vicenda della ministra per la Famiglia, natalità e pari opportunità, Eugenia Roccella, contestata domenica scorsa al Salone del Libro di Torino da un gruppo di giovani attiviste e femministe. Una difesa, quella del Capo dello Stato, "molto apprezzata" dalla stessa Roccella, che in un post sui social ha commentato: "Spirito critico e libertà di espressione sono valori che i nostri giovani devono imparare a coltivare insieme".

 

 

Tornando a Don Milani, il prete-educatore, morto a 44 anni, "aveva un senso fortissimo della politica" e "la Costituzione era il suo vangelo laico", ricorda ancora Mattarella. Un "grande italiano" insomma "che, con la sua lezione, ha invitato all’esercizio di una responsabilità attiva", a tal punto che il suo 'I care' "è divenuto un motto universale: il motto di chi rifiuta l’egoismo e l’indifferenza", lo omaggia il Capo dello Stato. A quella espressione "se ne accompagnava un’altra, meno conosciuta. Diceva: 'Finché c’è fatica, c’è speranza'", rammenta in chiusura l'inquilino del Colle. Da qui la lezione finale di don Milani: "La società, senza la fatica dell’impegno, non migliora".