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Foti sulle riforme: “Chi ha vinto le elezioni deve attuare il programma”

Edoardo Romagnoli
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Il governo ieri ha iniziato le consultazioni con i partiti di opposizione per avviare un percorso condiviso di riforme costituzionali.

Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, qual è il vostro obiettivo?
«Noi vogliamo riformare la Costituzione d’altronde abbiamo vinto le elezioni con un programma elettorale in cui proponevamo la riforma costituzionale. Lo vogliamo fare coinvolgendo tutte le forze politiche perché sia una riforma il più condivisa possibile. Per questo Giorgia Meloni ha iniziato le consultazioni con tutti i partiti di opposizione».

La forma di governo attuale non garantisce la stabilità degli esecutivi?
«Non lo dico io, lo dice la storia repubblicana di questo Paese. In 75 anni abbiamo avuto 68 governi con una durata media di 14 mesi».

Cosa comporta questa instabilità politica?
«Pensate in Europa quando ogni anno e mezzo ci presentiamo al Consiglio europeo con un presidente del Consiglio e dei ministri diversi. Ogni volta ci troviamo, per citare Enzo Tortora, al punto di dire "Dove eravamo rimasti?". Questa instabilità non viene capita al di fuori dei confini nazionali. La stabilità del governo giova in primo luogo ai cittadini, poi anche ai mercati perché l’interlocutore non cambia ogni giorno e a chi vuole investire che ha bisogno di avere certezze».

 

 

La stabilità quindi passa dall’elezione diretta del presidente del Consiglio?
«Noi vogliamo dare centralità agli elettori e l’elezione diretta è uno dei modi per farlo. Può essere il semipresidenzialismo, il presidenzialismo, non esistono ricette uguali per tutti, ad esempio lo stesso presidenzialismo trova forme e declinazioni diverse negli Stati dove vige».

Elezione diretta anche del Presidente della Repubblica? Perché per le opposizioni è una figura intoccabile.
«Non credo che l’ultima elezione del Presidente della Repubblica sia stata una prova di forza del Parlamento. Tant’è che i gruppi parlamentari non riuscendo a convergere su un nome condiviso hanno dovuto chiedere a Mattarella di dare di nuovo la sua disponibilità per un secondo mandato. Lo stesso è successo con Napolitano e anche andando a ritroso c’è sempre stata una difficoltà di convergere su un nome che mettesse tutti d’accordo».

E sulla "sfiducia costruttiva", ossia l’impossibilità del Parlamento di sfiduciare un governo senza aver prima concesso la fiducia al governo successivo cosa ne pensa?
«Penso che sia giusto che nel momento in cui un partito viene premiato dagli elettori, e ha una coalizione che ha i numeri per governare, solo i cittadini lo possano mandare a casa».

 

 

È favorevole a una bicamerale?
«Anche qui, se guardiamo alla storia partendo dalla bicamerale Bozzi del 1983, passando per De Mita - Iotti del 1992, D’Alema nel 1997, non mi pare abbiano raggiunto grandi risultati».

Quali saranno i prossimi passi?
«Poniamo due domande alle opposizioni: "Convenite che ci sia la necessità di fare le riforme costituzionali?" E "C’è una via che possiamo individuare per farle?". Una volta che avranno risposto potremo iniziare un momento di confronto sull’assetto dello Stato».

 

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