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Quali sono le ultime novità sulle pensioni anticipate: il piano del governo

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Christian Campigli
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Una svolta epocale. Una riforma attesa da anni da una platea assai numerosa di Italiani. Un tema, quello relativo al lavoro, ormai dimenticato dalla sinistra, impegnata a difendere gli sbarchi degli immigrati e gli uteri in affitto. Proroga del contratto di espansione e nuove finestre per presentare le domande di accesso all'Ape sociale e all'uscita per i dipendenti precoci. Sono queste le due principali novità in tema di pensioni contenute nel Decreto Lavoro, secondo la bozza che l'agenzia di stampa Agi ha reso noto questa mattina. È prevista la proroga al 2025 della facoltà di avviare una procedura di consultazione finalizzata alla stipula del contratto di espansione, fermo restando il limite minimo di 50 unità lavorative in organico. Il testo prevede che già a partire dal 2023, vi siano tre identici termini di presentazione delle domande per il riconoscimento delle condizioni per l'accesso all'Ape sociale e per il pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto per i lavoratori precoci. I termini di presentazione delle domande sono unificati al 31 marzo, 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.

 

 

 

Cambia qualcosa anche in tema di ricongiunzioni: viene sostituito il rendimento previsto in favore della gestione verso cui opera la ricongiunzione, attualmente pari al 4,5% annuo, con un rendimento in linea con quello offerto dal sistema contributivo, ovvero la media quinquennale del tasso di crescita del Pil. Infine, viene innalzato a 3.000 euro il limite delle spese deducibili dei contributi previdenziali versati per gli addetti ai servizi domestici e all'assistenza personale o familiare. Nessun riferimento, nella bozza del decreto, a Opzione Donna: i requisiti per accedere rimangono 60 anni d'età (riducibile di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni) e 35 anni di contributi che  assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, che hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell'invalidità civile, superiore o uguale al 74%, oppure che sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale. 

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