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Pnrr, tutta colpa di Draghi? Telefonata con Meloni e il chiarimento: il reale bersaglio

Valentina Bertoli
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I ritardi del Pnrr, il Piano nazionale di resistenza e resilienza, rischiano di mettere a dura prova l’attuale governo. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni inchioda le responsabilità di Mario Draghi. Strabismo dell’Europa o gioco di risentimenti privati? La linea comunicativa della maggioranza è chiara: i fondi europei, erogati dall’Ue solo a condizione che l’Italia rispetti la tabella di marcia che ha concordato con la Commissione europea, sono uno dei punti centrali per lo sviluppo economico italiano. Ora spunta un retroscena inaspettato su una presunta telefonata riparatrice.

 

 

Secondo quanto riferito da fonti qualificate dell’esecutivo a Repubblica, pochi giorni fa il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha telefonato a Mario Draghi per rendere chiaro il suo pensiero e quello che sta alla base dell’azione del governo. Stando a quanto riportato, il premier avrebbe assicurato che il vero bersaglio dell’esecutivo non è l’operato dell’ex banchiere, ma lo strabismo dell’Europa sul Pnrr. A questo punto, va ricordato che verso la metà del mese il professore della Bocconi Francesco Giavazzi ha ricevuto un invito da parte della trasmissione “Mezz’ora in più” per la puntata di domenica 26 marzo. L’ex consigliere economico di Mario Draghi si è preso del tempo per pensare e, proprio in quelle ore, avrebbe contattato l’ex premier e amico di una vita, consapevole che in Tv gli avrebbero chiesto di esprimersi sulle accuse all’ex banchiere centrale mosse dall’esecutivo di Giorgia Meloni sul Pnrr.  Ospite di Lucia Annunziata, Giavazzi usa toni pacati e con fermezza dichiara: “Chi dice oggi che il Piano è in ritardo non capisce come funziona”. Il professore evita stoccate dirette, ma prende le distanze dai ministri dell’attuale esecutivo e da Giorgia Meloni: “Non si potevano spendere immediatamente 190 miliardi, bisognava preparare l’assetto normativo. Ora bisogna essere pronti. E il ministro Fitto comincerà ad attuare le cose. La montagna di soldi del Pnrr aiuterà il Paese, vale 12 punti del Pil in quattro anni. Difficile immaginare che nel 2023 si possa dunque fermare la crescita”.

 

 

L’intervento di Giavazzi scuote poi i vertici del governo e tutti lo interpretano come la prova di un fastidio profondo di Mario Draghi che, però, sceglie di non inserirsi in prima persona in questo ping pong di accuse. La tensione diventa sempre più tangibile fino a quando Giorgia Meloni alza il telefono e chiama l’ex banchiere centrale per fare chiarezza. Il premier ammette di percepire un approccio puntiglioso nei suoi confronti da parte degli arbitri del Pnrr. La convinzione che la situazione non potrà che peggiorare è sempre più concreta. Il timore è concentrato soprattutto sulla rata di dicembre 2023. Si temono nuovi, significativi ritardi. L’esecutivo sarà quindi costretto a scegliere come muoversi e chi accusare. Intanto Bruno Tabacci, sottosegretario a Palazzo Chigi con l’ex banchiere, non ha dubbi: “Io so solo che Draghi ha lasciato le cose in ordine. Ha promosso una transizione leale e ordinata. E loro adesso lo tirano in ballo. Difficile succeda, ma se Draghi dovesse seccarsi per davvero, ne vedremmo delle belle”. 

 

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