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Balneari, c'è la soluzione per le spiagge: "All'asta quelle concesse dal 2010"

Dario Martini
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«All’Europa dobbiamo sottoporre un ventaglio di proposte serie. Nel 2010 l’Italia ha recepito la direttiva Bolkestein. Una delle soluzioni, quindi, potrebbe essere di mettere all’asta solo le concessioni balneari successive a quella data. Quelle antecedenti, invece, non si toccano».

Riccardo Zucconi, che da anni segue il dossier per Fratelli d’Italia, indica la strada da percorrere alla luce dell’invito ad intervenire arrivato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del no della Ue alla proroga delle concessioni a fine 2024.

Deputato Zucconi, pensa davvero che la Commissione europea accetterà questa soluzione?
«Penso proprio di sì. Questa soluzione era già contenuta nella mia proposta di legge del 2018 che aveva come seconda firmataria Giorgia Meloni. È surrogata da importanti studi legali, è giuridicamente inattaccabile. Si basa su due presupposti. Primo: l’Europa ha ragione, abbiamo recepito la direttiva e la dobbiamo applicare. Secondo: devono andare all’asta tutte concessioni dal 2010 in poi, non quelle antecedenti. Non ci può essere retroattività».

Non è una discriminazione?
«No, perché non si può espropriare attività concesse prima che entrasse in vigore la legge. In questo momento le telefono da uno stabilimento che ha come ingresso un edificio in stile Liberty bellissimo, il Gran Caffè Margherita a Viareggio. Fu costruito in legno nel 1902. Poi andò a fuoco e fu ricostruito nel ’28. Questo per dire che ci sono luoghi d’Italia dove le concessioni hanno una storia lunghissima, molte ad esempio sono andate ai reduci di guerra. Non si può non tenere conto di questo patrimonio frutto di anni di storia».

La sua proposta trova il consenso anche di Forza Italia e Lega?
«Il doppio binario è una soluzione che raccoglie il consenso di tutti». Il 20 aprile è attesa la sentenza della Corte di giustizia europea che potrebbe obbligare l’Italia a mettere all’asta tutte le concessioni. È preoccupato? «Intanto segnalo la sentenza emessa dalla stessa Corte pochi giorni fa, il 16 marzo. Non riguarda direttamente i balneari, ma ha stabilito che gli accordi aventi oggetto il diritto di un operatore economico di gestire beni o risorse pubbliche non dovrebbero essere qualificati come concessione di servizi».

C’è comunque il rischio di una procedura d’infrazione europea...
«Noi dobbiamo aprire un’interlocuzione seria con la Ue. Comunque vorrei ricordare che l’Italia è già oggetto di diverse infrazioni europee, ad esempio in materia di acque paghiamo 160 milioni e non mi pare di sentire molte proteste. Voglio però sottolineare un’altra cosa».

Prego.
«Va riconosciuto che la Ue sul tema dei balneari ha ragione quando dice che non possiamo continuare a rinviare il problema come hanno fatto tutti governi negli ultimi dieci anni. In Europa dobbiamo portare una proposta definitiva. La verità è che la direttiva Bolkestein si doveva applicare solo ai servizi, non alle concessioni demaniali marittime che sono beni. Non lo dico solo io, ma anche Legambiente».

L’altro tema è quello della mappatura degli arenili. Non rischia di essere già tardi?
«Nessuno ha eccepito sulla proroga su decreti attuativi che vanno a scadenza il 27 luglio. I tempi non posso dirli, so però che si sta lavorando per valutare quale sia l’organo più adatto a procedere alla mappatura. Può essere il ministero delle Infrastrutture, il Demanio o anche la Capitaneria di porto. Alla fine dei conti, però, ciò che conta è un principio sacrosanto: la sabbia è dello Stato, tutto ciò che c’è sopra è costruito dall’imprenditore. Motivo per cui, anche per le concessioni che andranno all’asta, sarà fondamentale stabilire con precisione ed equità la questione degli indennizzi». 

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