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Grandi opere in Italia, il governo va avanti e il Pd torna partito del "no"

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Alessio Buzzelli
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Nel giorno in cui il Cdm ha approvato il decreto-legge per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina, è tornato a protestare, puntuale come un orologio svizzero, il «popolo del no». Dopo i «no Tap», «no Tav», «no Muos» e molti altri ancora (impossibile elencarli tutti), ora è giunta dunque la volta dei «no ponte», riunitisi ieri davanti a Montecitorio per un flash-mob di protesta, organizzato da Alleanza Verdi e Sinistra, contro la costruzione di un’infrastruttura i cui lavori, dopo anni di discussioni e proclami, dovrebbero finalmente partire a breve. Le ragioni che i «no ponte» offrono al dibattito sono, riassumendo, sostanzialmente due: da una parte il presunto anacronismo dell’infrastruttura, considerata non abbastanza «green»; dall’altra, l’idea che i circa 10 miliardi previsti per la sua costruzione potrebbero e dovrebbero essere spesi per opere più urgenti e utili per Sud del Paese.

Quest’ultima argomentazione, in particolare, è stata ribadita ieri da Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, le cui critiche al progetto si sono estese, per osmosi, anche Matteo Salvini, principale sostenitore del progetto. «Salvini porta in Consiglio dei ministri il Ponte sullo Stretto, mentre il Sud si trova nel disastro – ha dichiarato Bonelli durante il flash-mob. È un irresponsabile, perché chiunque conosca bene la Sicilia e la Calabria sa in che situazione versano le infrastrutture di quei territori. E in questa situazione si vorrebbero spendere 10 miliardi di euro per le follie di Salvini. Bisognerebbe, al contrario, concentrarci su miglioramenti concreti per il Sud, come rinforzare i treni e sistemare gli acquedotti e le reti idriche».

E più o meno sulla stessa linea si è espressa, sempre ieri, Legambiente: «La vera urgenza da affrontare in un decreto-legge è la partenza dei cantieri per la transizione ecologica necessari ai cittadini e alle merci per muoversi in Calabria e Sicilia come in un paese civile e per contribuire alla lotta alla crisi climatica – ha spiegato in una nota la presidenza dell’associazione. Serve un potenziamento delle infrastrutture per la mobilità sostenibile, con linee ferroviarie elettrificate e a doppio binario con treni moderni, e non una cattedrale nell’evidente deserto della mobilità come il Ponte sullo stretto di Messina».

Al netto di un certo «benaltrismo» presente in alcune degli argomenti dei «no ponte» (la costruzione del ponte non impedirebbe necessariamente investimenti in altre infrastrutture, come ad esempio in nuove ferrovie) e andando nel merito della questione, i sostenitori del progetto hanno dalla loro, tra le altre cose, diversi studi (tra i più recenti, quello di FareAmbiente) che confermerebbero invece quanto un’infrastruttura simile sia, oltre che utile, anche molto «green».

Il ponte, infatti, abbatterebbe sensibilmente le emissioni delle navi e del trasporto su gomma, grazie proprio alla costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità, come emerso da uno studio commissionato da Rotary Distretto 2110 Sicilia e Malta. «Sostituendo il traffico navale con quello su rotaia del Ponte», si legge nel documento, la media annua delle emissioni di anidride carbonica «diminuirebbe del 94% e quella di monossido di carbonio del 72%», arrivando ad abbattere «140 mila tonnellate annue di emissioni della sola anidride carbonica».

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