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Regione Lazio, l'eredità di Zingaretti è un mutuo da 9,3 miliardi

Dario Martini
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Il 10 novembre scorso Nicola Zingaretti, poco prima di dimettersi da presidente della Regione Lazio, sventolava i propri successi di fronte alla Corte dei conti: «È finita la stagione dei debiti, lascio i bilanci in attivo». Parole che, prese alla lettera, non si possono contestare. Ma a ben guardare i problemi sono ancora tutti sul tavolo. I debiti non sono scomparsi, e ce n’è uno, in particolare, che peserà come un macigno sulle casse regionali dal prossimo anno. Si tratta di un mutuo monstre da 9,3 miliardi di euro che dovrà essere pagato a partire dal 2024 con rate annuali da 325 milioni. Un’eredità gravosa per chi si troverà a guidare la Regione dopo il voto del 12 e 13 febbraio.

A scovare questo maxi-debito "scaricato" sulla prossima legislatura regionale è stato il capogruppo della Lega in Regione Lazio Angelo Tripodi. A mettere tutto nero su bianco è l’Osservatorio sul debito regionale che ripercorre la storia dal principio. Per pagare i fornitori, dieci anni fa la giunta Zingaretti si fece anticipare dal ministero dell’Economia circa 9,8 miliardi di euro, per la precisione 9.786 miliardi, così ripartiti: 5.932 miliardi relativi alle anticipazioni per debiti non legati alla sanità e i rimanenti 3.854 miliardi legati proprio alla sanità. La cifra complessiva fu suddivisa a sua volta in 9 mutui di importi inferiori (il più grande di 1,7 miliardi, il più piccolo di 666 milioni). Qualcosa è stato pagato, ma si tratta di una minima parte, circa 500 milioni. La giunta a guida Pd, infatti, ha potuto sospendere i pagamenti già nel 2016, grazie alla possibilità data dal governo di allora alle Regioni colpite dal sisma. Questa deroga, come detto, cesserà a partire dal prossimo anno. Come ricorda l’Osservatorio regionale sul debito, «la somma delle quote capitale annuali sospese saranno rimborsate linearmente a partire dal 2024». E il debito residuo ammonta, appunto, a 9,3 miliardi.

«Le anticipazioni sono rimborsabili in 30 anni e il tasso di interesse da applicare è pari al rendimento dei Buoni Poliennali de Tesoro a 5 anni», si legge ancora nel documento dell’Osservatorio. Il maxi mutuo, quindi, finirà di essere pagato dopo il 2050. Dieci anni fa, quando la giunta Zingaretti si era appena insediata, decise di stipulare questi mutui per una valida ragione. L’obiettivo era quello d’immettere liquidità nel sistema rendendo disponibili risorse per la pubblica amministrazione, attraverso le anticipazioni del ministero dell’Economia al di fuori del patto di stabilità, per far fronte al pagamento dei debiti arretrati. Un aspetto importante da tenere in considerazione è che tutti questi prestiti non sono computati ai fini del calcolo della capacità di indebitamento.

È bene precisare che questi prestiti si inseriscono in uno scenario debitorio complessivo più ampio, che ammonta a 27,9 miliardi, così come certificato nella sua ultima relazione dalla Corte dei conti sull’esercizio finanziario 2021. Una cifra che fa tremare i polsi, così ripartita: 9,3 miliardi sono le anticipazioni di liquidità del Ministero dell’Economia di cui abbiamo parlato finora; 12,1 miliardi sono altri mutui a carico della Regione; 567 milioni sono prestiti obbligazionari e 545 milioni sono stati registrati alla voce generica «altre forme di indebitamento»; infine, poco più di 5 miliardi figurano come debito «non finanziario».

Di lavoro ce n’è ancora tanto fa fare, come ha ricordato anche il procuratore regionale della Corte dei conti, Pio Silvestri, nel novembre scorso, quando ha ricordato che «il progetto di rendiconto 2021 espone un risultato di amministrazione contabile di 1.627.315.841 euro, in miglioramento rispetto al corrispondente saldo della precedente gestione, pari ad euro 1.014.399.629 di euro». Però, «nell’ultimo quinquennio, lo stock di debito finanziario residuo è aumentato di circa 868 milioni di euro, passando da 21,928 miliardi di euro nel 2017 ai menzionati 22,796 miliardi di euro a fine 2021 in violazione del principio della tendenziale riduzione del debito».
 

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