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Goverrno, Meloni non cede ai benzinai: sindacati divisi sullo sciopero

Tommaso Carta

 A ridosso dell’inizio delle 48 ore di sciopero dei benzinai, proclamato a partire dalle 19 di ieri, il governo ha tentato un salvataggio in calcio d’angolo, convocando nel pomeriggio i gestori al ministero delle Imprese e Made in Italy. Un confronto lampo in cui i sindacati hanno incassato una serie di aperture dal ministro Urso. Ma le rassicurazioni dell’esecutivo, a quanto pare, non sono bastate e Fegica e Figisc/Anisa hanno confermato lo sciopero, convocando per oggi, alle 11, un’assemblea dei gruppi dirigenti delle organizzazioni di categoria, presso la sala Capranichetta di Piazza Montecitorio, aperta anche «a deputati e senatori di tutti i gruppi parlamentari».
Nel fronte dei benzinai però si è aperta una breccia: Faib Confesercenti, in segno di «apprezzamento» del lavoro del ministro, ha deciso di ridurre lo sciopero a un giorno solo.

 

  

Tra le proposte messe sul tavolo da Urso, un sensibile allentamento sulle sanzioni previste nel dl: una moratoria di 90 giorni per l’attuazione dei nuovi obblighi, la conferma della riduzione delle sanzioni per la mancata comunicazione a 200/800 euro in rapporto al fatturato, mentre in caso di reiterata omissione della comunicazione per quattro volte in 60 giorni la chiusura del pun to vendita sarebbe ridotta tra uno e sette giorni. Accanto, la possibilità di comunicare i prezzi a ogni variazione- e comunque ogni 15 giorni invece che ogni settimana - insieme all’eliminazione del cartello col differenziale tra self e servito.

 

Quanto alle autostrade, la media dei prezzi da esporre sarebbe specifica del segmento autostradale. Dal Mimit sarebbe arrivata anche la proposta di un nuovo round per il prossimo 8 febbraio, per fare il punto sul riordino del settore, affrontando un’ampia rosa di temi, tra cui l’illegalità contrattuale, le commissioni bancarie, la razionalizzazione e riconversione della rete. «Troppo poco e troppo tardi», è stato il commento di Fegica e Figisc/Anisa, che nonostante abbiano apprezzato «il tentativo in extremis», non hanno visto quella concretezza necessaria a sciogliere i nodi. Se infatti il tavolo per ristrutturare la rete distributiva e ridare un piano regolatorio «va nella direzione giusta e auspicata» le modifiche ipotizzate sul decreto, «oltre a non essere sufficienti, sono ormai nelle mani del Parlamento. Quel che rimane sullo sfondo è l’idea di una categoria di lavoratori che speculano sui prezzi dei carburanti. Il che è falso e inaccettabile». Meno duro il giudizio della Faib, che guarda positivamente alle aperture presentate e già formalizzate con un emendamento al decreto: «in particolare - spiega in una nota- ci sembra un risultato importante la si gnificativa riduzione delle sanzioni, la razionalizzazione della cartellonistica sugli impianti, la rapida convocazione di un tavolo di filiera per affrontare gli annosi problemi del settore, a partire dall’illegalità contrattuale e dal taglio dei costi per le transazioni elettroniche». Da qui, la proposta di un giorno di sciopero anziché due, che sarà quindi tra i punti all’ordine del giorno all’assemblea di oggi.

 

Intanto, i distributori dei carburanti sono chiusi, compresi i self service, dalle 19 di ieri alle 19 di domani (sulle autostrade si è partiti invece alle 22 di ieri fino alle 22 di domani). Viene però mantenuto in servizio un numero di stazioni di rifornimento non inferiore al 50% degli esercizi aperti nei giorni festivi secondo i turni programmati. Gli impianti aperti per garantire il servizio minimo essenziale dovrebbero essere almeno uno ogni 100 chilometri.