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Giorgia Meloni, le tre sfide da premier: concessioni balneari, Mes e Pnrr

Dario Martini
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Concessioni balneari, aggiornamento del Pnrr e ratifica del Mes. Sono le tre sfide che Giorgia Meloni si trova ad affrontare sia in Europa che in Italia. Tre dossier caldi da sbrogliare nei prossimi mesi su cui si misurerà la solidità della maggioranza di centrodestra. Partiamo dal capitolo balneari. Forza Italia e Lega hanno presentato un emendamento congiunto al decreto Milleproroghe per far slittare la scadenza delle concessioni degli stabilimenti prevista per il 31 dicembre di quest’anno.

Il tema rischia di dividere la coalizione, perché Fratelli d’Italia sarebbe intenzionata a prendere tempo in attesa del dialogo con Bruxelles che, invece, spinge per una veloce liberalizzazione delle licenze. Non a caso ieri il partito di Meloni ha deciso di frenare sul suo stesso emendamento, presentato solo il giorno prima dalla senatrice Lavinia Mennuni. «Abbiamo stilato una serie di emendamenti» sul tema dei balneari «ma abbiamo ora deciso di non segnalare il nostro, dopo che il governo ci ha fatto sapere che vi è un provvedimento in itinere, abbiamo avuto rassicurazioni su quella che resta una questione prioritaria - commenta Mennuni - Sono certa che il tema è prioritario, comunque abbiamo tempo fino a lunedì per decidere cosa fare, ma dal governo siamo stati rassicurati». Il dossier resterà aperto ancora alcuni mesi.

A confermarlo è il vicepremier Matteo Salvini: «Quello dei balneari è un tema che spero entro l’estate venga chiuso positivamente una volta per tutte con l’ok delle associazioni, nel rispetto di queste 30mila imprese e famiglie. Ho parlato con Giorgia Meloni e abbiamo un’idea che coincide, quindi conto che anche questo dopo anni e anni di attesa sia un dossier che il nuovo governo andrà a chiudere».

Altro fronte caldo è quello rappresentato dal Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. Negli ultimi giorni si è iniziata a registrare la possibilità che il governo decida di ratificare il trattato voluto dall’Europa. «Il tema della riforma del Mes secondo me non è il grande tema - ha detto Meloni in una puntata di Porta a Porta - Se rimaniamo gli unici che non la approvano blocchiamo anche gli altri. Ne discuterà eventualmente il Parlamento».

Il premier, comunque, ha sempre assicurato che il Mes non sarà mai attivato, ovvero non chiederà mai i soldi che il fondo mette a disposizione degli Stati. Ad indicare la strada è anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Sulla ratifica credo che si andrà in una direzione positiva, perché non possiamo bloccare gli altri. Poi bisognerà vedere cosa cambiare, cosa funziona e cosa no e vedere se l’Italia lo utilizzerà».

Parole poco gradite a una parte della maggioranza. Il senatore della Lega, Claudio Borghi, è stato categorico: «Non voteremo mai il Mes, non regaleremo 130 miliardi alla Germania», ha detto in un’intervista a La Stampa. Infine, c’è il nodo da sbrogliare del Pnrr che in totale porta nel nostro Paese 191,5 miliardi, di cui 68,9 a fondo perduto e i restanti 122,6 sotto forma di prestiti. Meloni ritiene necessario modificare il Piano.

Il governo ha raggiunto i 55 obiettivi del secondo semestre 2022. Alcuni dei nuovi target, però, sono considerati superati, in un’Europa profondamente cambiata rispetto a due anni fa, quando il Pnrr fu ideato. In ballo c’è la prossima tranche da 18,4 miliardi che Bruxelles deve sbloccare per finanziare 27 obiettivi (12 entro marzo, gli altri 15 entro giugno) da raggiungere entro giugno. La rinegoziazione con la Ue viene portata avanti dal ministro Raffaele Fitto che nei giorni scorsi ha spiegato: «Il lavoro va avanti positivamente con la Commissione europea e con tutte le amministrazioni interessate.

Nei prossimi giorni presenteremo la relazione al Parlamento per quanto compete lo stato dell’arte e metteremo in campo una serie di provvedimenti sul terreno dell’accelerazione, della semplificazione e della governance». Inizia ora, infatti, la fase più delicata, quella della «messa a terra» delle opere, come ha ricordato la stessa Meloni qualche settimana fa nella conferenza di fine anno. Molte infrastrutture sono attese da tempo, come ad esempio la Gronda di Genova, la nuova autostrada a nord del capoluogo ligure. Ma l’elenco è lungo. 

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