Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Messina Denaro, schiaffo a chi accusava il governo di essere “amico dei mafiosi”

Pietro De Leo
  • a
  • a
  • a

In Italia la lotta alla mafia non ha mai visto applicato il principio «United we stand» che gli Stati Uniti seppero applicare al terrorismo islamico dopo l'11 settembre, tutti uniti senza distinguo. No, in Italia la lotta alla mafia ha tracciato solchi e puntatori laser ideologici di una parte (la sinistra) verso l'altra (il centrodestra). E dunque avevano assai fondamento le parole pronunciate dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Palermo: «Non voglio fare polemiche su queste cose. Io non penso che la lotta alla mafia possa essere un tema divisivo». E ancora: «Su queste materie, piuttosto che usarle per fare polemica, bisogna collaborare tutti insieme, e io sono disposta a collaborare con tutte le persone di buona volontà». Il riferimento era a Roberto Scarpinato, attualmente senatore del Movimento 5 Stelle ed ex pm che, durante il dibattito Palazzo Madama intorno alle linee programmatiche del presidente del Consiglio, aveva tirato fuori l'artiglieria pesante, adombrando dubbi sulla fermezza di questo governo sulla lotta alla mafia, tirando fuori il ben noto armamentario del raccontone giustizialista sui sospetti attorno Berlusconi, Forza Italia e via di cose note. Peccato che, per dirne una, Bernardo Provenzano fu arrestato proprio sotto un governo guidato da Silvio Berlusconi (eravamo nella coda del terzo gabinetto guidato dal leader di Forza Italia) così come ieri Matteo Messina Denaro è stato ghermito dallo Stato mentre a Palazzo Chigi c'è di nuovo il centrodestra.

 

 

E smonta, questo, un racconto di giudizi affrettati o pregiudizi. Alla prima categoria ,senz'altro, si annoverano le parole del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. «Quando Giorgia Meloni si è insediata, ha indicato la lotta alla criminalità organizzata come una delle priorità del suo governo. Ci avevo creduto: ma evidentemente ho sbagliato» aveva detto al Fatto Quotidiano, puntando il dito contro gli intendimenti di un intervento sull'utilizzo delle intercettazioni manifestati da Carlo Nordio. Un aspetto che già, dopo due mesi di vita del governo, lo aveva portato già a trarre una conclusione definitiva. Ai pregiudizi, invece, si annovera il racconto di quel che era stata la campagna elettorale a Palermo, con la neanche tanto velata tesi, manifestata dal centrosinistra locale, secondo cui la vittoria del professor Roberto Lagalla, candidato sindaco del centrodestra, avrebbe portato a una sorta di nuova alba per la penetrazione di Cosa Nostra nei gangli della città. Peraltro, la cronaca di quei giorni si arricchì anche di manifesti «Forza Mafia», con una modifica del logo di Forza Italia, e «Make Mafia Great Again» prodotti ed affissi da un collettivo locale. Risultato? Lagalla ha vinto e sette mesi dopo, proprio a Palermo, è stato arrestato il ricercato numero uno.

 

 

Poi, ieri è arrivata qualche scivolone sui social, evidentemente figlio di certa smania di andare controcorrente. A partire dal presentatore e attore Luca Bizzarri. «Mi piace moltissimo il tono trionfalistico nell'aver arrestato uno che faceva il latitante da trent'anni a venti metri da casa sua. Che grande colpo», scrive, con percepibile ironia, su twitter. Poi, dopo alcune critiche, osserva: «io contesto quel che scrivono certi politici». E ancora: «quello che contesto è il tono trionfalistico da parte di chi per trent'anni ha permesso che uno facesse il latitante a casa sua». Bene, qualora avesse prova di qualche autore di dichiarazione coinvolto nelle coperture a Denaro potrebbe fornirla agli inquirenti. Si scherza, ovviamente, di fronte al riaffiorare di velati grillismi d'antan. E infatti a concordare con Bizzarri è pure Elisabetta Trenta, già ministro della Difesa in quota Movimento 5 Stelle: «Ha ragione Luca, quante domande vanno fatte!». Nel computo non può mancare Roberto Saviano, che, riferendosi a Denaro, twitta: «Ovviamente era nella sua terra: come tutti i capi era esattamente nel luogo dove tutti sapevano fosse». Certo, «tutti». Anche Saviano quindi? Se non ci fosse altro a cui pensare, il ridicolo gioco dei sospetti buttati là, in via generica, tanto per conquistare l'attenzione sarebbe anche un curioso boomerang.

Dai blog