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Renzi, Conte e Letta è guerra continua. Il Terzo Polo sbotta: “A noi Copasir o Rai”

Gaetano Mineo
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Come un leone in gabbia, Matteo Renzi. Enrico Letta e Giuseppe Conte l'hanno lasciato fuori dalla spartizione delle poltrone di vice presidente del Senato e della Camera. «Porteremo il tema al presidente della Repubblica» sbotta il leader di Italia Viva rimasto a bocca asciutta perché, a suo dire, «Pd e M5s hanno fatto l'accordo per tagliarci fuori». Non si dà pace: «Le vicepresidenze di Camera e Senato mettono a disposizione 4 posti per 3 opposizioni: Pd, M5s e noi», evidenzia. Ma, di fatto, a Italia Viva e ad Azione non è stata destinata alcuna vicepresidenza, non a caso i parlamentari di IV-Azione sono rimasti fuori dalle rispettive Aule al momento della votazione. Non riesce a digerire il boccone amaro. «Quando nel 2013 fecero una cosa simile - ricorda Renzi - noi demmo i voti a Di Maio perché i Cinque Stelle potessero esprimere un vicepresidente, perché è un principio di buona condotta parlamentare. Pd e M5s con la loro arroganza hanno scelto di tenerci fuori». Luigi Di Maio, di certo, non è Giuseppe Conte. Giuseppe Conte, infatti, è colui che il 26 gennaio del 2021 annuncia le dimissioni da premier del Conte 2, dopo una raffica di attacchi sferrati proprio da Renzi. Una tattica, quella renziana, paragonabile a un pugile che colpisce l'avversario ai fianchi fino a sfiancarlo. La rottura, con l'allora «avvocato del popolo» era iniziata già diverse settimane prima della caduta del Conte 2 per la mancata richiesta di prestiti elargiti dal Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). Poi la storica conferenza stampa di Renzi con cui annunciava le dimissioni delle due ministre in quota IV, Teresa Bellanova (Agricoltura) e Elena Bonetti (Pari opportunità), mettendo la parola fine al secondo governo guidato da Conte. Pensa, Renzi, che siano ferite che possano rimarginarsi in poco tempo?

 

 

Un'altra ferita «viva» è quella con cui convive da otto anni Enrico Letta. Un altro premier, defenestrato da Renzi. Era febbraio 2014, quando Renzi, in qualità di segretario del Pd, dà il benservito al presidente del Consiglio Letta, dopo il via libera della Direzione del partito sancito con 136 sì e 16 no. Poco dopo l'annuncio dell'allora premier Letta: «Andrò al Quirinale». Insomma, fuori uno (Letta) e fuori due (Conte). Tuttavia, per Renzi, oggi «Pd e Cinque Stelle con la loro arroganza hanno scelto di tenerci fuori». E così è andata, nei fatti, perché ieri dal voto non è venuta fuori nessuna vicepresidenza di Camera e Senato per Italia Viva e Azione. I primi segnali, a dire il vero, li aveva dati ventiquattrore ore prima un esponente di «peso» del Pd. Per Francesco Boccia, in pratica, con i numeri che ha Italia Viva, «potranno accedere alle cariche - che sono elettive - negli uffici di presidenza, con i questori e i segretari d'Aula. Se si pretende con il 4,5% di ottenere una vicepresidenza del Senato che andrebbe ai gruppi maggiori è un po' troppo». Poi, sulla «minaccia» di Renzi di ricorrere a Sergio Mattarella, Boccia aveva commentato: «Tirare in ballo il Presidente della Repubblica è una scorrettezza».

 

 

A questo punto, Renzi tira fuori il piano «B», e passa all'incasso. «È chiaro che, ove ci fossero tutti gli uffici di presidenza a 5 Stelle, Pd e non a noi chiederemmo il Copasir» è stato il mantra renziano in queste ultime ore. D'altronde, secondo il leader di IV, «per legge ci spetta il Copasir». Anche se la legge dice soltanto che la presidenza deve andare a un eletto dell'opposizione (che conta almeno altri tre gruppi). C'è anche l'alternativa, la commissione parlamentare di Vigilanza Rai. «La Vigilanza per consuetudine va all'opposizione, ma non è norma scritta», precisa Renzi. A dar manforte al leader di IV, pensa l'ex forzista, ora renziana, Mara Carfagna secondo cui, «attribuire agli elettori la responsabilità dell'intesa Pd-M5s per spartirsi i posti riservati alle opposizioni è ridicolo e fuori dalla realtà». La controreplica è a firma Peppe Provenzano, vicesegretario Pd, per il quale «a decidere sulle vicepresidenze non son stati fantomatici accordi per escludere» Azione e Iv, «perché l'unico criterio utilizzato, come da prassi, è il peso parlamentare. Noi abbiamo proposto anche di incontrarci per vedere spazi compatibili coi loro numeri sulle altre posizioni. Loro non hanno voluto».

 

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