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Consultazioni, opposizioni divise da Mattarella. Letta: "Governo atlantista o non durerà"

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La prima giornata di consultazioni, al Quirinale, trascorre senza grandi sorprese. Ad aprire le danze, nella loggia d'onore, sono come da prassi i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana. Sergio Mattarella ha poi un colloquio "cordiale", al telefono, con il presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano.

I primi gruppi a sfilare sono quelli delle Autonomie e i gruppi Misti di Camera e Senato. "Vista la lista dei ministri, i partiti dovranno esprimersi e decidere. Siamo partiti diversi ma l'orientamento di tutti noi è di votare contro la fiducia", dice Julia Unterberger, che guida il gruppo Autonomie a palazzo Madama. "Il nostro non sarà un voto di fiducia, nel senso che non voteremo sì, ma questo non significa necessariamente che voteremo no. Stiamo valutando e non è del tutto esclusa la nostra astensione, perché aspettiamo di valutare la composizione della lista dei ministri ed il programma di governo", specifica invece Manfred Schullian di Svp. Voteranno sicuramente contro a un possibile esecutivo Meloni, invece, deputati e senatori dell'alleanza Verdi - Sinistra. "La destra ha ricette che possono solo aggravare le condizioni del paese", taglia corto Nicola Fratoianni.

Il no a Giorgia Meloni arriva forte e chiaro anche dal Terzo polo: "Azione e Italia viva saranno all'opposizione di questo Governo. Un'opposizione senza sconti che cercherà di guardare alle cose concrete", assicura Carlo Calenda. E all'opposizione si schierano anche Giuseppe Conte e Enrico Letta. Abbiamo confermato al presidente della Repubblica che noi saremo all'opposizione in Parlamento. Saremo un'opposizione rigorosa e fermo alla maggioranza, che non è maggioranza nel Paese ma lo è in Parlamento e ha tutto il diritto di Governare. Faremo opposizione a partire da lavoro, diritti e ambiente", scandisce il segretario Pd che continua a chiedere una "convergenza" nella strategia di contrasto al Governo. Anche dal Quirinale, però, Calenda e Conte confermano il loro 'no'. Il leader di Azione, come annunciato, sottopone al presidente della Repubblica il vulnus rappresentato dal fatto che "una forza politica che ha avuto 8% alle elezioni è rimasta fuori dal diritto di presenza dalle istituzioni", rimandando al mittente ogni invito all'unità. Il presidente del M5S è ancora più netto: "Un'opposizione unitaria non è nell'ordine delle cose e non è all'orizzonte", taglia corto.

In realtà, però, i tre leader sono d'accordo sulle perplessità sul nome di Antonio Tajani quale possibile nuovo ministro degli Esteri. "La ricostruzione integrale del ragionamento articolato di Silvio Berlusconi che è inaccettabile. Abbiamo espresso forte perplessità che il dicastero della Farnesina così centrale possa essere affidata a FI il cui presidente ha articolato questo ragionamento", dice chiaro Conte. Anche per Calenda che "non è concepibile che il titolare della farnesina "sia espresso da una forza politica che con il suo capo più volte ha definito l'invasione russa una risposta alla provocazione ucraina per portare persone per bene al governo di Kiev". "Non abbiamo fatto nomi, il presidente è non solo consapevole ma custode della posizione italiana e ha tutti gli strumenti per valutare", precisa. E anche Letta, pur non sbilanciandosi, bolla le parole di Silvio Berlusconi come "un gravissimo vulnus alla credibilità del nostro Paese, me un vulnus gravissimo sono anche gli applausi che sono seguiti a quelle parole", sottolinea. Il fronte, però, si rompe sulla linea da tenere sull'Ucraina. Se unanime, infatti, è la condanna all'aggressione di Mosca e il sostegno a Kiev, Conte torna a smarcarsi sulla strategia per arrivare alla pace: "Noi riteniamo che non sia più necessario che l'Italia invii le armi all'Ucraina", sentenzia, avendo votando a malincuore il sì ai decreti stando in maggioranza e lasciando presagire un voto contrario ora dall'opposizione.

Domani nella loggia d'onore arriverà la maxi delegazione del centrodestra. Silvio Berlusconi e Matteo Salvini ci saranno (presente anche Antonio Tajani), ma sarà solo Giorgia Meloni a esprimere la posizione della coalizione davanti alla stampa. La leader FdI potrebbe ricevere l'incarico in serata, un'ora dopo la fine della conferenza stampa di Mario Draghi a Bruxelles e potrebbe anche accettarlo senza riserva. pronta per giurare e "dare un Governo al Paese".

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