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La manina sul dl Aiuti: salta il tetto agli stipendi d'oro. Scaricabarile tra partiti e governo

Daniele Di Mario
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I rincari dell'energia colpiscono tutti, tranne l'alta burocrazia statale, che si vede aumentare lo stipendio. Mentre l'Europa discute sul tetto al prezzo del gas, in Italia, infatti, cade il tetto alle retribuzioni dei vertici delle forze armate e dei capi della burocrazia del governo. Il Senato, infatti, approva un emendamento al dl Aiuti bis che consente la deroga al tetto agli stipendi dei superburocrati e per i vertici delle forze armate: via libera a «un trattamento economico accessorio», in deroga al limite di legge per il personale della Pa dei 240mila euro annui, per capo della Polizia - direttore generale della Pubblica sicurezza, comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, comandante generale della Guardia di finanza e capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), capo di stato maggiore della Difesa, capi di stato maggiore di Forza armata, comandante del comando operativo di Vertice interforze, comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, ai capi dipartimento della presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri, al segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri nonché ai segretari generali dei ministeri. Un provvedimento che crea un terremoto politico.

 

 

Alcune fonti riferiscono l'irritazione di Palazzo Chigi, e del premier Mario Draghi in particolare, per un emendamento non concordato col governo ma votato dalle forze politiche. In realtà, l'emendamento era stato proposto da Forza Italia, per poi essere approvato dopo la riformulazione del Ministero dell'Economia. Il limite dello stipendio a 240mila euro era stato introdotto dal governo Renzi. E proprio il leader di Italia viva ricorda: «È un tetto che avevo messo io». Il governo - dice Renzi - ha fatto una riformulazione di un emendamento e non avevamo alternative» per impedirlo «per evitare che saltasse tutto», ovvero l'approvazione da parte del Senato del decreto Aiuti bis. «Spero si torni al "tetto Renzi" di 240mila euro: non mi sembra un'idea geniale aumentare adesso gli stipendi ai massimi dirigenti, ma non potevamo che votare il decreto altrimenti saltavano 17 miliardi di aiuti, ma il tetto a 240mila euro mi sembrava molto più serio di quanto è stato deciso».

 

 

Anche il Pd si schiera contro la deroga. «Siamo molto soddisfatti dell'approvazione del dl aiuti bis. Purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati con parere favorevole, che non condividiamo in alcun modo e che elimina il tetto dei 240mila euro agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della pubblica amministrazione. Pertanto presenteremo alla Camera un ordine del giorno al Dl Aiuti bis, impegnando il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl aiuti ter», dicono le capogruppo del Pd di Camera e Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi.

 

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