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Il piano di Matteo Salvini per l'Italia: Quota 41 e Flat tax nei primi 100 giorni

Filippo Caleri e Carlantonio Solimene
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Quota 41, decreti sicurezza e «fondamenta» della Flat tax nei primi cento giorni di governo. E poi la pace fiscale per impedire l’avvitamento dell’economia reale e gli interventi sulle bollette. «Anche se mi auguro che a fare qualcosa sia già questo governo». Matteo Salvini parla a Il Tempo e disegna le strategie che il centrodestra metterà in campo se dovesse vincere le elezioni. Escludendo nuove larghe intese («gli elettori sono stufi della sinistra che perde e governa lo stesso») e «aprendo» all’alleanza di Ita con il fondo statunitense Certares: «Ciò che è fondamentale è la tutela dei livelli occupazionali».

Segretario Salvini, tra meno di due mesi il centrodestra potrebbe governare l’Italia. Quale sarebbe il primo provvedimento da prendere?
«Contro il caro energia, anche se spero possa intervenire già il governo in carica perché siamo di fronte a una vera e propria emergenza e non possiamo aspettare. Entro i primi cento giorni bloccheremo la Fornero per fare Quota41, riattiveremo subito i decreti sicurezza, ci occuperemo di autonomia regionale, imposteremo i primi passi per la Flat Tax. Il tutto senza dimenticare la pace fiscale, ormai non rinviabile. Stanno partendo milioni di buste verdi, dopo due anni tra crisi sanitaria e lockdown rischiano di essere una mazzata letale per famiglie e imprese, che oggi fanno i conti con l’emergenza energetica».

Sul tema lei è stato tra i primi a invocare uno scostamento di bilancio, poi seguito da altri leader. Ma non dal premier Draghi e dalla sua alleata Giorgia Meloni. È ancora convinto sia la strategia giusta?
«Mi interessano i fatti: l’importante è intervenire immediatamente, se non mettiamo 30 miliardi oggi - anche la Cgia di Mestre ha stimato la necessità di questa cifra - rischiamo di spendere tre volte tanto domani per risollevare un Paese ferito da disoccupazione, cassa integrazione, chiusura di milioni di attività. Sono pronto ad ascoltare tutte le proposte, basta agire. Anche Davide Tabarelli, autorevole presidente di Nomisma Energia, ha dichiarato qualche giorno fa: siamo in una economia di guerra, occorre uno scostamento di bilancio di 30 miliardi. È quanto del resto hanno fatto Germania, Regno Unito, Francia».

Il nucleare è entrato a pieno titolo nell’agenda elettorale. Ma restano le incognite relative a costi, tempistiche e localizzazione delle centrali.
«Il nucleare di ultima generazione, sicuro e pulito, potrebbe essere realtà tra qualche anno. È una soluzione per il medio periodo, non più rinviabile. Sono autonomista, quindi i territori andranno ascoltati. In attesa della realizzazione in Italia si potrebbero siglare degli accordi con la Francia per partecipare allo sviluppo in territorio francese di impianti di nuova generazione, investendo e avendone poi ritorni in energia invece che pagarla come oggi».

Il tema dell’energia si intreccia con quello della guerra. L’hanno spesso accusata di «filoputinismo» per le sue perplessità sulle sanzioni. Come si comporterebbe se fosse premier?
«Le perplessità sulle sanzioni sono state sollevate anche da autorevoli osservatori internazionali come l’Economist e lo stesso Fondo monetario. Mi chiedo se i sanzionati stiano davvero soffrendo più dei sanzionatori. È necessario, fermo restando che l’invasione dell’Ucraina non può restare impunita, che l’Europa intervenga per garantire sostegno a famiglie e imprese italiane che stanno pagando un prezzo molto alto».

Premesso che Palazzo Chigi è l’obiettivo di tutti i leader del centrodestra, le farebbe piacere tornare al Viminale? Che strategie metterebbe in campo sul fronte sicurezza e immigrazione?
«Lo decideranno gli italiani, mi lasci ribadire che i decreti sicurezza hanno garantito legalità e controllo dei confini a costo zero. Vanno ripristinati e applicati».

Si è dato un obiettivo in termini percentuali in vista del voto? Qual è l’asticella della vittoria o della sconfitta?
«Non mi pongo limiti, mi aspetto un grande risultato da Sud a Nord, alla faccia di avversari e di qualche osservatore fazioso».

Teme il sorpasso del M5S ipotizzato da alcuni sondaggi?
«Mi interessano i sondaggi che tocco con mano nelle piazze, e girando l’Italia il clima intorno alla Lega è ottimo. Non temiamo nulla e ci prepariamo a un risultato storico».

A proposito di Conte, anche sul Reddito di cittadinanza il centrodestra non appare compatto. Qual è a suo avviso la strategia da adottare?
«Va certamente rivisto, nel centrodestra siamo d’accordo. Per la Lega va mantenuto solo per chi ne ha davvero bisogno: i miliardi recuperati vanno investiti per tagliare le tasse».

In tema di Fisco, cosa risponde a chi, come Carlo Cottarelli, sostiene che la Flat tax taglierebbe le tasse soprattutto ai più ricchi ma poi la riduzione dei servizi danneggerebbe tutti?
«Cottarelli ritiene una famiglia che guadagna 70mila euro lordi l’anno una famiglia ricca. Dimostra che il Pd è completamente fuori dal mondo e fa disinformazione. La verità è che la sinistra propone la patrimoniale e vuole tassare la casa, la Lega sostiene la flat tax: gli italiani sapranno scegliere».

Calenda sostiene che dopo le urne ci vorrebbe un nuovo governo di unità nazionale. Di fronte alle sfide che attendono l’Italia, sarebbe opportuno che il centrodestra si avvalesse della collaborazione di altre forze politiche?
«L’esperienza del governo di unità nazionale è stata irripetibile perché irripetibile è stata la situazione di emergenza: credo che gli italiani siano stufi della sinistra che perde le elezioni ma finisce al governo».

Dopo il voto potrebbe tornare d’attualità la federazione con Forza Italia? La collocazione europea della Lega è in discussione o resterà al fianco del gruppo della Le Pen?
«Confermo di voler lavorare per un centrodestra sempre più unito e vincente, in Italia e in Europa. I miei rapporti con Marine sono sempre stati e sempre saranno di fiducia, amicizia, stima e collaborazione reciproca».

Capitolo Ita: cosa pensa della scelta del Mef di trattare con il fondo Certares? L’alleanza tutelerà l’occupazione e gli interessi strategici del nostro Paese che è crocevia del turismo internazionale?
«È la prova che il governo in carica è pienamente operativo. La priorità per noi è garantire i posti di lavoro. A prescindere dalla scelta del soggetto con cui condurre la negoziazione, a noi interessa lo sviluppo e il rilancio di Ita con un piano industriale adeguato. Ci auguriamo il rafforzamento e lo sviluppo dei flussi turistici, gli investimenti su tutti gli aeroporti italiani e soprattutto la salvaguardia della continuità territoriale aerea per mantenere il diritto alla mobilità di tutti. Il nuovo governo, nell’ambito delle prerogative riconosciute dalla procedura, valuterà con grande attenzione tutti questi elementi».

Si è in attesa della ricapitalizzazione del Monte dei Paschi. Il momento dei mercati non è favorevole ma il rinvio può significare il fallimento del possibile salvataggio. Come pensa si debba affrontare il tema? Proseguire velocemente nella dismissione della quota pubblica o negoziare con Bruxelles tempi più lunghi e un’uscita dello Stato meno rapida?
«Sono assolutamente convinto del fatto che Bruxelles debba rinviare per un periodo congruo i tempi di uscita dello Stato dall’azionariato, così si potranno evitare gravi speculazioni sul futuro della banca e scongiurare nuovi tentativi affrettati e sciagurati di svendita che hanno visto la Lega opporsi e consentendo, di conseguenza, di costituire il terzo polo bancario nazionale con altre realtà che abbiano la stessa vocazione territoriale e che prestino particolare attenzione alle piccole e medie imprese».

Il prossimo governo dovrà affrontare un’importante serie di rinnovi delle cariche nelle società pubbliche. Che criterio pensa dovrà essere seguito nella scelta dei candidati?
«Competenza, non ho dubbi. Esattamente l’opposto di quello che ha fatto la sinistra, che troppo spesso ha preferito privilegiare la tessera di partito. Esempio: sono orgoglioso di aver candidato nella Lega persone come Mario Barbuto, presidente dell’Unione Italiana Ciechi, che sarà prezioso per risolvere i problemi delle persone con disabilità a partire dalle barriere architettoniche. Barbuto non è uno storico militante della Lega, anzi: però è persona perbene e competente. Questo principio dovrà valere anche per le società pubbliche».

Rete unica telefonica. Quale posizione ha nella creazione di un’unica infrastrutture di banda larga? Il Paese non può attendere le negoziazioni tra azionisti privati e pubblici. Come intendete chiudere il dossier?
«La creazione di una rete unica per le insfrastrutture di banda larga è condizione necessaria per la svolta economica del paese. La Lega ha cercato con ogni mezzo di favorire la realizzazione della banda larga: abbiamo sbloccato 1,3 miliardi di euro per i voucher connessione. Sulla negoziazione tra Tim e Open Fiber, non è compito della politica intervenire sulle operazioni commerciali, quello lo lasciamo fare a Conte, mentre sulla separazione tra servizi e rete nella stessa Tim, l’aspetto principale che ci interessa è la difesa del lavoro e l’attenzione al debito monstre della società ora in mano straniera. Lo Stato deve assicurare che ci siano le migliori condizioni per la realizzazione dell’opera nel minor tempo possibile e senza inutili sprechi».
 

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