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Party in lockdown e multe. Albino Ruberti, chi è il "rocky" che terremota il Pd

Alessio Buzzelli
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Albino Ruberti, dimessosi ieri dal ruolo di capo di gabinetto del Sindaco di Roma in seguito alla pubblicazione di un video "rubato" in strada di cui è protagonista, è un personaggio molto noto nella Capitale, forse un po’ meno altrove. Soprannominato "Rocky" (anche se qualcuno sostiene sia "er pugile" il suo vero nomignolo) per via del suo carattere impetuoso, è, per restare nella metafora pugilistica, un peso massimo della politica romana, sponda dem: per oltre vent’anni Ruberti ha infatti ricoperto ruoli di massima importanza soprattutto nell’ambito dei beni culturali, comparto strategico all’interno delle dinamiche di potere capitoline. Figlio del professor Antonio, ministro dell’Università e della Ricerca dal 1989 al 1992 e precedentemente rettore de La Sapienza, inizia la sua carriera prestissimo, all’età di 30 anni, quando nel 1998 diventa Amministratore Delegato di Zètema, società partecipata al 100% da Roma Capitale che si occupa di cultura e turismo. Di Zètema resterà al vertice per 19 anni, fino al 2017, quando lascerà l’incarico per diventare presidente di Laziocrea, altra società partecipata, questa volta dalla Regione Lazio. Qui però resterà solo per qualche mese, 8 per la precisione, perché nel 2018 arriverà la chiamata dell’appena rieletto governatore Nicola Zingaretti, il quale lo vuole al suo fianco nel ruolo di capo di gabinetto. In quello stesso anno fu ancora un video che fece il giro del web a portare Ruberti al centro delle polemiche: durante una delle convention "Piazza Grande", nella quale Zingaretti lanciò la sua candidatura a segretario del PD, un gruppo di animalisti contestò duramente il presidente e Ruberti intervenne personalmente per evitare che i manifestanti irrompessero sul palco. Scoppiata la polemica, Ruberti spiegò in un’intervista al Corriere della Sera del 14 ottobre 2018 di aver «subito un tipo di protesta violenta» perché «qualcuno ha tentato di salire su palco per manifestare»: «io - ha proseguito -, che ero vicino al presidente, insieme agli altri, ci siamo limitati a difenderci».

Ovviamente gli animalisti dissero tutt’altro, ma, comunque siano andate le cose, l’episodio non fece che alimentare le chiacchiere sul suo temperamento focoso. Dopo tre anni come braccio destro di Zingaretti, Ruberti torna quindi nella Capitale per sostenere con forza la campagna elettorale di Roberto Gualtieri, da cui approderà, dopo la vittoria alle comunali, a Palazzo Senatorio, luogo in cui sarebbe probabilmente rimasto a lungo se ieri non fosse scoppiato il finimondo dopo la pubblicazione del video incriminato. D’altra parte non è certo la prima volta che l’ex capo di gabinetto del sindaco finisce al centro della polemica mediatica-politica in seguito a situazioni per così dire imbarazzanti, di cui è stato, più o meno suo malgrado, protagonista. La più famosa è quella che si scatenò a maggio del 2020, quando in pieno "lockdown duro" fu scoperto dai vigili mentre era a pranzo con altre persone su una terrazza del Pigneto. Le regole in vigore in quel momento vietavano categoricamente certe "rimpatriate", motivo per cui Ruberti si trovò presto al centro di una vera e propria bufera (tanto più che allora era ancora a capo degli uffici della Regione). Di più, secondo alcune ricostruzioni, pare che ci furono momenti di tensione quando gli agenti gli consegnarono la sanzione da 400 euro prevista, accendendo ancor di più la polemica. Ruberti nei giorni successivi tentò di chiarire la questione, raccontando a Il Foglio che «in quell’occasione era un pranzo di lavoro» e che «i vigili urbani furono molto aggressivi», ammettendo poi comunque «di aver sbagliato», ché «in quei casi è meglio non dire nulla». Infine, nel febbraio scors, intorno a Ruberti si accese un altro caso, di cui fu però comprimario suo malgrado, che vide invece protagonisti i suoi due figli, i quali, fermati in auto dai carabinieri, si sarebbero rivolti agli agenti con il più classico dei «non sapete chi siamo noi». Anche in quell’occasione Ruberti si ritrovò a dover spiegare, questa volta nel ruolo di padre: «i miei figli hanno sbagliato - disse: li ho ripresi, con energia, e ho pagato subito la multa: 600 euro».

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