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Si apre il risiko delle nomine. Il nuovo governo dovrà scegliere i vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste

Andrea Giacobino

L’ultima nomina pubblica importante fatta dall’ex governo di Mario Draghi è stata quella di Bernardo Mattarella ad amministratore delegato di Invitalia al posto di Domenico Arcuri, caro a Giuseppe Conte. Ma se dalle urne uscirà un governo di centrodestra la partita, o per meglio dire il “risko” delle nomine ai vertici delle aziende dove lo stato è azionista sarò uno dei grandi temi all’attenzione degli operatori economici e politici. Sono infatti 46 gli organi sociali, di cui 91 consigli d’amministrazione e 55 collegi sindacali, in 107 società del Ministero dell’Economia Finanze, che sono scaduti e andranno al rinnovo con le assemblee di Bilancio previste nei prossimi mesi (poche delle quali già svoltesi); composti da 639 persone, di cui 399 consiglieri e 240 sindaci. Delle 639 persone totali in scadenza, 72 siedono in 15 società controllate direttamente dal Mef (22 consiglieri e 50 sindaci), mentre 567 sono in 92 controllate indirette (377 consiglieri e 190 sindaci), attraverso le sue capogruppo Amco, Banca Mps, Cassa Depositi e Prestiti, Enav, Enel, Eni, Eur, Ferrovie dello Stato Italiane, Invitalia, Istituto Poligrafico Zecca dello Stato, Leonardo, Poste Italiane, Rai, Sace, Sport e Salute e STMicroelectronics. 

 

  

Le partite più importanti sono ovviamente quelle delle poltrone ai piani alti dei grandi giganti pubblici, Enel, Eni, Leonardo e Poste Italiane, i cui vertici andranno in scadenza con l’approvazione del bilancio 2022 e che quindi saranno oggetto di rinnovo con l’assemblea degli azionisti della prossima primavera. Cosa dice il mercato delle azioni dei gruppi guidati da maggio del 2020, quando i quattro amministratori delegati furono tutti riconfermati, a oggi? il titolo Enel ha perso il 18%, quello Eni ha guadagnato il 28%, Leonardo è balzata dell’85% e Poste Italiane è progredita del 10%.

 

Borsa a parte, chi rischia meno da un cambio di governo, secondo molti osservatori, è Claudio Descalzi: il numero uno dell’Eni, infatti, è già arrivato al terzo mandato conferitogli due anni fa ma potrebbe, alla luce dei buoni risultati del gruppo petrolifero di cui è amministratore delegato e della definitiva uscita da vicende giudiziarie, ottenere un quarto incarico. Altrettanto ben piazzato con un nuovo esecutivo di centrodestra sembra essere Matteo Del Fante, che ha dalla sua l’aver impresso a Poste Italiane, di cui è amministratore delegato, un’accelerazione verso nuovi business con una buona del titolo accompagnata da ricchi dividendi per gli azionisti, Mef in testa. Non altrettanto certa è invece la riconferma di Alessandro Profumo quale capoazienda di Leonardo. Se infatti le sue qualità professionali non sono in discussione (e la borsa le ha apprezzate), il top manager ha però sempre manifestato una vicinanza ideologica al Partito Democratico e risulta poi indebolito dalla condanna in primo grado a sei anni per falso in bilancio e aggiotaggio inflittagli nella sua veste di ex amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena. Un governo di centrodestra, invece, farebbe risalire le quotazioni di Francesco Starace e assicurare un altro mandato all’amministratore delegato dell’Enel che era finito nel mirino di Draghi per alcune sue scelte ambigue nei riguardi delle Russia dopo lo scoppio della guerra con l’Ucraina e l’avvio delle sanzioni.

 

La partita delle nomine ha una rilevanza non solo politica. Considerando infatti le sole 33 società industriali e di servizi controllate dal MEF, l’aggregato mostrava secondo gli ultimi bilanci disponibili un fatturato di 193,5 miliardi di euro e 461.394 dipendenti. Di queste aziende industriali e di servizi, 12 sono quotate in Borsa (Enav, Enel, Eni, Fincantieri, Leonardo, Italgas, Poste Italiane, Rai Way, Saipem, Snam, STMicroelectronics, Terna), per una capitalizzazione che a fine dicembre 2021 era di 178 miliardi di euro, il 23,16% del valore complessivo; di quasi 10 miliardi superiore sui 168,4 miliardi a fine dicembre 2020. A queste 12, si aggiungono 2 società che hanno strumenti finanziari quotati (Ferrovie dello Stato Italiane e Rai). Come settori di intervento, la presenza dello Stato si esprime soprattutto nell’energia, che assorbe oltre il 72% del fatturato, seguito dalla meccanica (14,3%) e dai trasporti e tlc (10,2%), con quote marginali nell’ict, in editoria-spettacolo-sport, in servizi alla P.A., in ambiente-territorio.