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Taxi e termovalorizzatore, parte la settimana di fuoco del premier Draghi

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Dario Martini
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Mario Draghi non deve più temere di perdere la maggioranza a causa dell'invio di armi a Kiev. Male che vada dovrà sopportare qualche lamentela di Giuseppe Conte che comunque ha dovuto ingoiare il boccone amaro con il voto favorevole, anche del M5S, alla risoluzione sull'Ucraina.

Questa settimana però si aprono due nuovi fronti caldi che rischiano di dare più di un grattacapo al presidente del Consiglio. Il primo è la protesta dei tassisti, di cui abbiamo già avuto un antipasto nei giorni scorsi. Il secondo è la questione del termovalorizzatore che dovrà liberare la Capitale una volta per tutte dai rifiuti in strada.

Il governo spera di disinnescare la prima grana già oggi con il tavolo convocato al ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili. La viceministra Teresa Bellanova questa mattina incontrerà una rappresentanza dei sindacati di settore per convincerli a fermare le proteste. Nel pomeriggio, invece, riceverà i conducenti Ncc.

Giovedì i tassisti hanno bloccato Napoli e Milano. Non sono mancati disagi nemmeno a Roma, con lunghe file di passeggeri in attesa soprattutto alla stazione Termini e capannelli di tassisti a largo Chigi e via del Corso accanto alla sede della presidenza del Consiglio. I sindacati hanno già dichiarato sciopero per il 5 e il 6 luglio con uno stop del servizio di 48 ore. Protestano contro il ddl Concorrenza. Chiedono lo stralcio dell'articolo 10, perché non vogliono la liberalizzazione delle licenze. Il presidente dell'Unione Radiotaxi italiani (Uri) ha detto nei giorni scorsi a Il Tempo che se il governo non ascolterà la categoria «sarà guerra». «Un punto fermo è che la liberalizzazione nel nostro settore non può esistere - ha aggiunto - perché siamo regolamentati con un serie di obblighi di servizio che sono compensati dal contingentamento delle licenze». La legge annuale per la concorrenza 2021 è in discussione in commissione Attività produttive alla Camera. Deve essere approvata da Montecitorio in seconda lettura entro il 22 luglio. Non è escluso un nuovo passaggio del provvedimento al Senato. Poi c'è il dl Aiuti. Il 30 giugno il testo è atteso nell'aula di Montecitorio. Un vero banco di prova per capire quanto sia forte la volontà di Conte di tenere il Movimento 5 Stelle all'interno della maggioranza. Il decreto contiene il famoso articolo che conferisce poteri speciali al sindaco di Roma per la realizzazione del termovalorizzatore in grado di lavorare 600mila tonnellate di rifiuti urbani. Per la giunta Gualtieri è l'unico modo di risolvere una volta per tutte l'annosa questione della "monnezza".

In questi giorni le strade della Capitale sono ricolme ancora una volta di rifiuti, da nord a sud della città. In alcuni casi i cassonetti sono stati svuotati, ma restano i cumuli dell'immondizia sui marciapiedi che nessuno passa a ritirare. Un problema che nemmeno la giunta precedente, guidata da Virginia Raggi, è stata in grado di risolvere. I grillini, però, si oppongono alla costruzione del termovalorizzatore. I parlamentari e gli esponenti del governo del M5S hanno assicurato di non aver alcuna intenzione di votare la norma del dl Aiuti che contiene il riferimento all'inceneritore.

Ora che Di Maio ha fatto la scissione, Conte non può permettersi di deludere la base. Se il governo non cambierà l'articolo in questione, difficilmente il M5S potrà permettersi di garantire il proprio appoggio. Uscendo di fatto dalla maggioranza.

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