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Catasto, Ucraina, rifiuti: Mario Draghi sull’ottovolante. Il governo è in frantumi, voti a rischio

Carlo Solimene

Si racconta che Mario Draghi abbia sfruttato i due viaggi in treno con Emmanuel Macron ed Olaf Scholz - andata e ritorno tra Polonia e Kiev - per aprire due mediazioni. La prima, conclusa con successo, sul sì alla concessione all'Ucraina dello status di Paese candidato a entrare nella Ue; la seconda, su cui si è registrata solo una fumata grigia, sull'opportunità di fissare un tetto continentale al prezzo del gas. Il punto è che l'estenuante trattativa condotta con i colleghi europei è stata solo l'antipasto di quello che attende il premier al ritorno a Roma. Dove non basteranno i successi diplomatici per schermarsi da una maggioranza che, proprio nei giorni del suo tour internazionale, ha raggiunto il grado massimo di litigiosità. E non vede l'ora di presentarne il conto proprio a Supermario. La settimana in arrivo, infatti, presenta almeno tre snodi decisivi per il governo.

 

  

 

La prima «vetta» da scalare è in teoria anche quella più morbida. Domani arriva in Aula alla Camera - dopo un passaggio di «appena» sette mesi in commissione - la delega fiscale. Che contiene al suo interno uno dei temi che maggiormente hanno fatto discutere i partiti che sostengono l'esecutivo: la revisione del catasto. Teoricamente dovrebbe reggere l'accordo che ha sbloccato la mediazione, pomposamente celebrato da Lega e Forza Italia. Le associazioni di settore hanno sottolineato però come neanche l'ultima formulazione permetta di escludere l'aumento di tasse sulla casa. E presumibilmente Fratelli d'Italia proverà a stanare il centrodestra di governo sul tema. Qualsiasi inciampo significherebbe crisi. L'accordo dovrebbe reggere, ma la soglia d'attenzione resta alta. Ben più complicato si presenta lo snodo del giorno successivo, martedì. Quando in Parlamento andrà votata la risoluzione che anticipa il Consiglio europeo cui il premier parteciperà subito dopo. All'interno il delicatissimi tema sulle armi all'Ucraina. Il dibattito nei Cinquestelle dimostra quanto sia complicato arrivare a una mediazione sul tema. Draghi, dal canto suo, con la missione in Ucraina ha provato a «sminare» il terreno, assumendo una posa il più diplomatica possibile e negando che Zelensky abbia rischiesto altri aiuti militari (come invece pare abbia fatto). Anche in questo caso una spaccatura nella maggioranza porterebbe almeno alla fuoriuscita dei grillini dal governo e alla spaccatura del Movimento tra «governisti» e «contiani». I numeri per continuare magari ci sarebbero. Ma si innesterebbe un «liberi tutti» che produrrebbe sfaceli in poche settimane.

 

 

Infine un'altra vetta mica da ridere. Domani si cominciano a discutere in commissione Bilancio gli emendamenti al dl Aiuti. Il piatto forte verrà più avanti, perché sull'articolo 13, quello che dà al sindaco di Roma Roberto Gualtieri i poteri necessari per costruire un termovalorizzatore, non c'è l'accordo politico, di conseguenza il tema verrà affrontato per ultimo. Diversi esponenti pentastellati hanno indicato come la questione rifiuti sia la «linea rossa da non oltrepassare» per evitare una loro fuoriuscita dal governo. Il fatto che la mediazione debba avvenire proprio contestualmente alla questione armi e alle tensioni interne tra Conte e Di Maio rende il tema ancora più scivoloso. Se gli animi erano predisposti a una mediazione, dopo gli ultimi giorni lo saranno assai meno. Anzi, l'impressione è che si cerchi un pretesto per la rottura. Il ché, dopo che il premier è faticosamente riuscito a recuperare un certo status nella politica estera per il Paese, significherebbe gettare tutti gli sforzi all'aria. Si vedrà.