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Vitalizi regionali, per la Consulta il taglio è legittimo. La sentenza piomba sulla prossima campagna elettorale

Christian Campigli
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Il simbolo stesso dell'antipolitica. Della lotta ad una casta ingorda ed incapace. Una sentenza che apre a nuove interpretazioni, nuovi scenari. E che potrebbe diventare uno dei temi caldi della prossima campagna elettorale, soprattutto per quei partiti che, da sempre, cercano di cavalcare il populismo. La riduzione dei vitalizi regionali non è incostituzionale. Lo ha stabilito la Consulta con una sentenza depositata oggi, che ha dichiarato non fondate le questioni sollevate dal Tribunale di Trento. I giudici, come riporta l'agenzia di stampa AdnKronos, hanno deciso che le riduzioni del 20%, il limite al cumulo col vitalizio parlamentare e il contributo di solidarietà non ledono il principio del legittimo affidamento e trovano una ragionevole giustificazione nelle esigenze di contenimento della spesa, di sobrietà ed equità, già presenti nella legislazione dello Stato e da essa promosse. Inoltre, “non trasmodano in un regolamento irrazionale, lesivo del principio evocato”.

 

L’esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in questi trattamenti, è stata ritenuta dalla Corte preponderante rispetto alla tutela dell’affidamento, considerato anche l’ammontare del trattamento che le misure riduttive consentono di mantenere. Gli Ermellini hanno riconosciuto che gli interventi riduttivi in questione rientrano nella competenza del legislatore, poiché è riconducibile all’autonomia della Regione la disciplina dei vitalizi spettanti a chi è stato consigliere. Nella fattispecie, la normativa censurata non ha violato i principi di coordinamento della finanza pubblica espressi dal legislatore statale ed evocati dal Tribunale di Trento.

 

Una decisione, quella dei giudici della Suprema Corte, che susciterà un numero incalcolabile di reazioni, critiche e approvazioni. E che, non serve essere il Mago Silvan per prevederlo, rischia di diventare uno dei temi principali della prossima campagna elettorale. Perché il tempo passa, ma il vento dell'antipolitica e del populismo continua a soffiare con la medesima, incontrollata intensità.

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