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Stop al gas russo, la rivolta del condizionatore contro il progetto del governo negli uffici pubblici

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Gaetano Mineo
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La stretta a termosifoni e condizionatori d'aria delle pubbliche amministrazioni non piace ai sindacati. Qualcuno lamenta, tra l'altro, l'assenza degli stessi climatizzatori in alcuni uffici pubblici. Come anche, l'annosa sicurezza sul lavoro. Di certo, la norma oramai c'è. Si tratta di un emendamento M5s al decreto Bollette (previsto per lunedì l'arrivo in Aula) approvato dalle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera.

In pratica, il primo provvedimento concreto contro il caro energia e, soprattutto, contro il rischio di carenze di forniture in caso di sanzioni più forti contro la Russia sul gas. La norma che, se supererà l'esame dell'Aula, entrerà in vigore dal prossimo primo maggio e resterà valida fino al 31 marzo del 2023, al momento riguarda soltanto la pubblica amministrazione e obbliga di impostare la temperatura dell'aria condizionata a non sotto i 27 gradi, con un margine di tolleranza che può arrivare fino a 25 gradi. In inverno, invece, il riscaldamento non potrà eccedere i 19 gradi, con un margine fino a 21 gradi. Fino a oggi, il range tollerato era tra i 20 e i 22 gradi in inverno e tra i 26 e i 28 gradi in estate ed era regolato da una norma in vigore dal 2013. Un provvedimento blando, a detta di esperti. Come spiega, per esempio, Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia: «Se si applicasse questo regime per i riscaldamenti e i condizionatori di tutte le case e gli uffici si arriverebbe a un consumo di un miliardo di metri cubi di gas in meno. Il problema è che noi dalla Russia riceviamo 29 miliardi di metri cubi».

Come dire, non cambia nulla. I sindacati, dal canto loro, sentono puzza di bruciato. Sandro Colombi, segretario Uil Pubblica Amministrazione, pur ribadendo a Il Tempo che i pubblici dipendenti hanno sempre dato prova di «essere al servizio del Paese e servitori dello Stato» avverte: «Una sono neanche averli per insufficienze strutturali». In sostanza, per Colombi, si dovrebbe ragionare anche «su come mettere a norma gli uffici pubblici dove non ci sono solo i dipendenti ma anche i cittadini».

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