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Mario Draghi ha imparato la politica e sfotte Giuseppe Conte con un grazie

Francesco Storace
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Memorabile Draghi. SuperMario ringrazia il governo di Giuseppe Conte per la lotta alla pandemia. E già questo spalanca gli occhi degli annoiati. Ma a pensarci bene, senza quel “lavoro”, Draghi non sarebbe mai arrivato a Palazzo Chigi. Se il suo predecessore fosse stato così bravo da meritare i suoi elogi, perché sbarazzarsene?
Forse ci sarà ironia non detta nel tributo del premier a quello di prima, come amano definire i Cinque stelle chiunque si sia seduto su una delle poltrone che ora occupano loro.

Complimento insincero, quello di Draghi a Conte, del quale ha fatto fuori gran parte dei ministri, incluso quello dell’economia, Gualtieri (rifilato ai poveri romani), tenendosi la Lamorgese e Speranza, e ci risparmiamo ogni aggettivazione.

Non crediamo che il premier di oggi ringrazi quello di ieri per la campagna vaccinale. Che fallì sull’onda delle primule di Arcuri e dei banchi a rotelle di Lucia Azzolina. Né per le mascherine che regalammo alla Cina.

Certo, Conte non è riuscito a fare quel che ha compiuto Draghi col green pass sui posti di lavoro, rispedendo a casa chi aveva più di 50 anni di età senza certificazione verde.
Sondando Palazzo Chigi, nessuno riesce a rispondere alla domanda sulla gratitudine di Draghi verso Conte. Al massimo sorridono, alzano le spalle e guardano in direzione Quirinale: “Ma quale grazie…”, sorridono beffardi. Non sarà un politico di origine, SuperMario, ma ha imparato presto il mestiere. Bugie comprese.

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