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Il colloquio a notte fonda tra Salvini e Renzi. La furia con Draghi e prove di larghe intese sul Quirinale

L'aula del Senato ha confermato la fiducia al governo Draghi sul maxiemendamento alla legge di Bilancio con 215 voti a favore, 16 contrari e nessun astenuto. Il testo passa alla Camera per il via libera definitivo che si terrà entro la fine dell’anno. Ma chi è stato pizzicato a parlare davanti a tutti a notte fonda? Matteo Salvini e Matteo Renzi, che alle 2.30 di notte, dopo una lunga seduta a Palazzo Madama, hanno parlato per una trentina di minuti davanti a tutti. Che cosa si saranno detti? Tra i due si sarà sicuramente parlato della partita del Quirinale, con il centrodestra che ieri mattina si è riunito e ha confermato la voglia di puntare su Silvio Berlusconi, nonostante la mossa di Mario Draghi che si è sostanzialmente autocandidato per il Colle. E Renzi ha mandato diversi siluri al premier durante la discussione della manovra in Senato.

 

  

 

“Non è accettabile - le parole del leader di Italia Viva - che la legge di bilancio diventi la legge delle due notti, una in commissione e una in Aula. Condividiamo la stragrande maggioranza dell’impianto della legge e votiamo con convinzione la fiducia. Ma non è accettabile che il Parlamento sia costantemente, costantemente, costantemente ignorato nell’azione di governo. Esprimo un garbato ma civile dissenso sul metodo che questo governo ha utilizzato. E mi spiace non dirlo davanti al ministro dell’Economia. È un punto che riguarda tutti. Il bicameralismo si supera con una riforma costituzionale non con uno strappo istituzionale”.

 

 

Renzi ha lanciato un messaggio diretto sulla corsa al Quirinale, volendo riportare la politica al centro della scena: “Tra un mese il Parlamento in seduta comune eleggerà il presidente della Repubblica. Lo elegge il Parlamento, non i sondaggi, le redazioni delle riviste internazionali o gli editorialisti. È l'atto supremo, elegge l'arbitro per i prossimi 7 anni. Ogni tentativo di far venire meno la centralità del Parlamento è atto che rende più debole il nostro sistema istituzionale”. Tra stilettate e colloqui notturni sono già ampiamente iniziate le trame per il Colle.