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L'intolleranza per la democrazia dei tecnici salvatori della patria. Gianluigi Paragone fa a pezzi Monti

Gianluigi Paragone
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L'altra sera in televisione, a Mario Monti è scivolato il piede sulla frizione e ha ammesso ciò che realmente è nel suo pensiero: «Bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell'informazione, in una situazione di guerra si devono accettare delle limitazioni alle libertà». Attenzione: chi parla è un senatore a vita, un parlamentare di lignaggio talmente selezionato che sfugge alle elezioni. Chi insomma chiede di limitare le libertà sta dentro le istituzioni. Ci torneremo.

In una esposizione al limite delle montagne russe, Monti rivela ciò che è nel pensiero dei Tecnici, di quelli Bravi che si sacrificano per salvare la Patria (perché così sono salutati i professori): i Bravi non vanno disturbati e la democrazia, la Costituzione, non sono un lusso che ci possiamo permettere nell'emergenza. Cioé mai, negli ultimi periodi. Il prof col loden venne in Italia dopo l'euforia berlusconiana, il cui passaggio politico ebbe una opposizione durissima, una marcatura a uomo dentro il palazzo e soprattutto fuori. Opposizione che invece il Bocconiano salvatore della Patria non trovò; anzi, dopo l'ingresso morbido come senatore a vita nominato da Giorgio Napolitano, in Parlamento si coalizzò una maggioranza larghissima, spinta dall'emergenza, dalla crisi e dalla lettera ultimatum firmata da Fmi, Bce e Unione Europea. Monti doveva salvarci dal baratro e così arrivarono le riforme lacrime e sangue, riforme che non ebbero alcuna resistenza perché quelle medicine amare ce le meritavamo.

Ecco, per ogni tecnico prestato alla politica, la democrazia e le libertà hanno subito uno scossone. Perché l'emergenza ci impone di non disturbare mai il manovratore: lui lavora per noi nell'emergenza.

Monti come Mario Draghi quindi parlano con il linguaggio e l'ispirazione di chi per una vita si è formato con quella grammatica. Pertanto l'informazione va somministrata a piccole dosi e se l'informazione disturba perché si fa latore di un'altra verità deve autocensurarsi. Sempre su La7 (canale particolarmente gradito a chi non disdegna sottrazioni di libertà perché siamo in emergenza) nella trasmissione condotta da una signora habitué del club Bilderberg, l'altro giorno l'evanescente Beppe Severgnini redarguiva Andrea Crisanti poiché metteva in guardia circa gli studi sulle vaccinazioni ai bambini: certe cose non si devono dire in tv a maggior ragione in prima serata, era il succo del richiamo severgniniano.

«In una situazione di guerra si devono accettare delle limitazioni alle libertà», ammonisce il senatore a vita cioé un uomo che fa parte delle istituzioni. È isolato? Certo che no. I primi a pensarlo sono proprio gli stessi operatori dell'informazione i quali sbavano di fronte ai Professori, si inchinano alla loro forza in quanto resurrezione dai peccati della politica, dei partiti e di un popolo che non sa votare. Marcello Sorgi, già direttore del Tg1 oggi commentatore per la Stampa, ebbe ad augurarsi persino «un governo militare» in caso di caduta di Draghi, magari nelle mani di quel generale Figliuolo, commissario in mimentica. Anche allora la scusa era «A mali estremi, estremi rimedi».

Ma le limitazioni di libertà che Mario Monti si augura per addomesticare una informazione già al collasso per eccesso di lecchinaggio, è già sotto i nostri occhi. La stiamo vivendo nell'emergenza sanitaria. E, cosa più grave, la stanno assecondando quegli stessi partiti che delle libertà avevano fatto battaglie importanti. Lo stato di diritto non abita più in Italia da tempo, ma non vogliamo vederlo solo perché le sentinelle della democrazia vivono la peggiore delle ipnosi, l'innamoramento assoluto verso le élite. Draghi è solo l'ultimo esempio in ordine temporale. Purtroppo anche il più pericoloso. Ce ne accorgeremo quando salirà al Colle.

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